La vicenda è abbastanza nota e coinvolge due testate molisane, Primonumero (hackerato dopo
una intervista del giornalista Alessandro Corroppoli all’allora governatore) e Telemolise, in
particolare nella persona della sua direttrice Manuela Petescia, fatta oggetto, ai tempi, di insulti
volgari e sessisti e di minacce di inenarrabile violenza. A seguito delle denunce sporte dagli stessi
organi di informazione, e a seguito delle indagini accurate svolte dalla polizia postale di
Campobasso su sollecitazione della Procura, il blogger (che usava una catena di fake per agire sui
social) fu individuato nella persona di Ciro Carnevale, processato dal Tribunale di Isernia e
condannato a due anni di reclusione. Tale condanna è stata confermata in Appello, seppure
dichiarata prescritta, dunque, non luogo a procedere per la parte penale – il reato c’è ma non è più
punibile – ma cospicui risarcimenti per le parti civili: Manuela Petescia e Primonumero. La sentenza
di Appello, infatti, si chiude evidenziando i doveri risarcitori niente affatto estinti – essendo stata
confermata, appunto, la colpevolezza – e imponendo a Carnevale di liquidare le parti offese e
pagare al contempo anche ogni spesa giudiziaria. Il blogger di Venafro, pur accettando la
prescrizione, ha adito anche la Suprema Corte, proprio nella speranza di evitare gli esborsi: ebbene
qualche giorno fa la Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso. Si chiude così una lunghissima
vicenda giudiziaria che ha avuto inizio nel 2017 e si è protratta per otto anni, tra indagini
complicatissime cui molto hanno contribuito la stessa direttrice di Telemolise e il suo avvocato e
collega giornalista Francesco La Cava (come si legge nella sentenza stessa), e rinvii per competenza
territoriale, lungaggini che hanno portato, inevitabilmente, alla prescrizione. Ma il ristoro c’è, e ce
ne rallegriamo per i colleghi. Seppure penalmente prescritto, il reato è stato riconosciuto tale,
come si è detto, e le parti offese stanno per essere risarcite, come spiega benissimo lo stesso
avvocato La Cava. «Intanto sto valutando nuove azioni legali nei confronti del Carnevale,
raccogliendo nuove e reiterate offese, indirizzate anche alla mia persona, che continuano ad
apparire (e scomparire) sui social. Ma il fatto più grave è che, nonostante il blogger conosca
benissimo gli esiti giudiziari definitivi e irrevocabili, si esibisce in false ricostruzioni tentando di far
credere maldestramente di essere stato assolto, esponendosi dunque a nuove querele. Come è
noto, la prescrizione è rinunciabile e si può chiedere che il giudice decida nel merito. Se un
imputato, nella fattispecie il Sig. Carnevale Ciro, voleva proclamarsi innocente ed estraneo ai fatti
contestati, avrebbe dovuto rinunciare alla prescrizione e chiedere la pronuncia nel merito. Si tenga
ancora presente che il Giudice se ritiene che nei fatti di causa vi siano elementi per pronunciare
sentenza di assoluzione è obbligato a farlo, a prescindere dal reato prescritto o meno. Nel caso del
Sig. Carnevale, due Giudici, Corte di Appello di Campobasso e Corte di Cassazione, hanno ritenuto
il contrario, lo hanno ritenuto colpevole, così come il Tribunale di Isernia in primo grado, per cui,
mancando la rinuncia, hanno dichiarato il reato prescritto. Proprio per questo motivo rimane in
essere la condanna del risarcimento danni liquidato sia con la sentenza di primo grado che con
quella di secondo grado. Se fosse stato dichiarato innocente non ci sarebbe stata condanna in
favore delle parti civili che si stanno già attivando per il recupero del dovuto». Una breve
ricostruzione dei fatti che vede riconfermate anche nel terzo grado di giudizio, le accuse di reati
gravi posti essere nei riguardi della collega Manuela Petescia, non solo giornalista ma anche
donna, madre e moglie. Per questo motivo l’Ordine dei Giornalisti esprime felicitazioni per il
risultato conseguito, con la speranza che non si ripetano questi scabrosi ed osceni attacchi a
Manuela Petescia ed a chiunque. Una sentenza che dovrebbe aprire le porte ad un’inasprimento
delle pene e ad una maggiore rapidità degli iter, sia perché il terreno dei social non può essere una
zona franca e sia perché l’opinione pubblica tende a dimenticare il male inferto.
Prof. Vincenzo Cimino
Presidente Odg Molise







