Secondo i dati dell’Osservatorio statistico dell’INPS c’è un’Italia a due velocità; su 17,7 milioni di dipendenti del settore privato, esiste un mercato del lavoro che resta attraversato da marcati divari retributivi, da una parte esiste un’élite salariale, chi lavora nella finanza, nelle assicurazioni, nelle banche e nell’energia, e c’è la stragrande maggioranza di lavoro povero, a basso salario e precario, soprattutto nella ristorazione e negli alberghi.
L’analisi prende in esame il mercato del lavoro del settore privato non agricolo, dove la retribuzione media si attesta a 24.486 euro lordi annui, ma il divario tra comparti rimane enorme.
I nuovi posti di lavoro si concentrano soprattutto nei settori dove gli stipendi sono più bassi, aumentando uno squilibrio strutturale che colpisce soprattutto chi vive già condizioni di vulnerabilità.
Ai primi posti della piramide retributiva si attestano le attività finanziarie e assicurative, che superano i 56 mila euro lordi annui e garantiscono quasi un anno pieno di giornate lavorate. Subito dopo ci sono i settori ad alta specializzazione come l’estrazione di minerali (oltre 51 mila euro) e la fornitura di energia e gas (circa 50 mila euro), che risultano caratterizzati da contratti stabili e continuità lavorativa: quasi 300 giornate retribuite l’anno.
Una realtà distante anni luce dal resto del mercato, dove la maggioranza dei lavoratori non si avvicina neppure a queste cifre, in questa posto della scala si collocano i lavoratori di alberghi e ristorazione, con appena 11.233 euro lordi l’anno e solo 183 giornate retribuite: un simbolo della precarietà endemica di questo comparto.
Un po meno peggio – si fa per dire – va alle attività artistiche e sportive (15.628 euro) e all’istruzione privata o alle supplenze scolastiche (16.451 euro), dove stagionalità, part-time non scelto e contratti brevi pesano più del titolo di studio o della professionalità.
Nel 2024 si registra un lieve miglioramento nella distribuzione dei redditi: diminuiscono i lavoratori sotto i 25 mila euro, mentre aumentano quelli tra 25 e 45 mila e soprattutto gli oltre 45 mila euro.
Un progresso che non modifica la sostanza: quasi la metà dei dipendenti rimane sotto i 20 mila euro lordi l’anno, confermando una polarizzazione salariale che favorisce pochi e lascia indietro molti.
L’altro dato sconfortante è che l’occupazione cresce nei settori con paghe più basse, nel 2024 il 60% dei nuovi posti arriva da tre settori a bassa retribuzione, alloggio e ristorazione (+100.022 addetti), commercio (+66.993) e costruzioni (+38.196).Tutti e tre i comparti hanno un salario inferiore alla media nazionale.
Nel 2024 un terzo dei dipendenti ha avuto almeno un rapporto part-time, ma il divario tra uomini e donne rimane profondo: quasi una lavoratrice su due lavora a orario ridotto, contro il 21% degli uomini.
II 46,1% dei lavoratori dipendenti si colloca sotto i 20 mila euro lordi l’anno, una quota che si riduce al 27,1% se si considerano solo i lavoratori a tempo: il combinato tra part-time involontario e carichi familiari è indice di povertà lavorativa che colpisce soprattutto le donne.
Alfredo Magnifico







