I giorni della memoria e del ricordo. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”

Il 4 dicembre 2025, l’ISI Fermi-Mattei torna protagonista e lo fa volendo ricordare i giorni della Memoria con un incontro dal titolo assai evocativo: “Se Comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

Si avvicina il periodo del Natale, con esso la voglia di esaminare errori, posizioni politiche, umane, connesse al concetto di rinascita. Per chi è credente, il Natale è il giorno che consente riflessioni necessarie inerenti le nuove vite, quelle che permettono il ripercorrere errori per poter continuare a sperare in un Mondo decisamente migliore. Stesso pensiero, meno fondante sulla figura di Gesù, sempre più necessaria, è quello di chi si dice “ateo”, di chi fa politica, di chi non può e deve dimenticare ciò che nel passato è accaduto e che, purtroppo, ancora oggi non riusciamo a debellare. Con le festività e l’arrivo del nuovo anno, si avvicinano anche il 27 gennaio e il 10 febbraio, giorni della “memoria” e del “ricordo”.

Giorni legati a dolorose vicende che hanno segnato profondamente la nostra storia.

Il 27 gennaio è il “giorno della memoria” che fu istituito, in Italia, nel 2000 perricordare le vittime della “shoah” e delle leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei e degli italiani che subirono la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si opposero al progetto di sterminio e che, a rischio della propria vita, salvarono altre vite e protessero i perseguitati.

Il 10 febbraio, è il “giorno del ricordo”, istituito nel 2004, per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani, dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

Con legge del gennaio 2025, inoltre, è stata istituita, il 20 settembre,la “giornata nazionale del ricordo degli Internati militari italiani”, per conservare e rinnovare la memoria di coloro che, nel dire “NO” alla collaborazione con il nazi-fascismo, rappresentarono una straordinaria forma di “Resistenza senza armi” – “Se comprendere è difficile, conoscere è necessario”-.

Mantenere viva la memoria e la conoscenza storica dei fatti: questi sono gli obiettivi del progetto “I giorni della memoria e del ricordo”. Attraverso la “mostra biografica su Primo Levi” (disegnata da Alessandro Ranghiasci, commentata/sceneggiata da Matteo Mastragostino e pubblicata dalla soc. Beccogiallo), proprio il 4 dicembre, si ripercorreranno alcune dolorose pagine della nostra storia: dall’avvento del fascismo alla promulgazione delle leggi razziali ed alla sconvolgente vergogna dei campi di concentramento; dall’armistizio dell’8 settembre 1943, con le vicende storiche ad esso legate, alla liberazione del nostro Paese dall’occupazione nazi-fascista (25 aprile 1945) avvenuta con l’importante contributo dato dalla resistenza partigiana che, come più volte sottolineato dal presidente Mattarella, fu un “movimento corale, ampio e variegato” che seppe tracciare un percorso condiviso, pienamente recepito all’interno della nostra Costituzione, fondato su sentimenti di libertà e giustizia sociale. Ma mentre in Italia si festeggiava la liberazione dal fascismo e la fine della II° guerra mondiale, nella regione della Venezia Giulia la guerra “non era finita”.

Il primo maggio 1945, l’esercito Jugoslavo occupava Trieste e Gorizia stabilendo il controllo amministrativo sulla Venezia Giulia e sull’Istria che divennero, con il trattato di pace firmato a Parigi il giorno 10 febbraio del 1947, territori della Repubblica Federativa socialista Jugoslava.

Massiccio fu l’esodo degli italiani da quelle terre “cedute” alla Jugoslavia. Circa 300 mila italiani presero la via dell’esilio. Nella sola città di Pola partirono poco più di 28 mila abitanti che costituivano circa il 90% della popolazione.

Diversi furono i motivi: una serie di misure economiche, sociali e culturali legati alla radicale e definitiva metamorfosi di questi territori imposta dal nuovo “regime”, l’avvio di una “epurazione” nella quale migliaia di civili furono uccisi e gettati nelle “foibe”.

Una epurazione che intrecciò, come scrisse l’allora presidente Giorgio Napolitano, “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana nell’area”.

Per ricordare quella tragedia, attraverso lo studio realizzato dalla scuola “Luigi Majno” di Milano (coordinato dalla prof.sa Elena Farotti), nel “Magazzino 18” (presso il porto vecchio di Trieste) nel quale, ancora oggi, sono conservate le masserizie (mobili, oggetti personali ecc.) lasciati dagli italiani costretti ad abbandonare le proprie case rimaste fuori dai confini nazionali ai ripercorrerà, anche attraverso la foto e la storia di Egea Haffner e le parole di Sergio Endrigo e Simone Cristicchi, quel drammatico esodo e il dolore dei “profughi giuliano-dalmati”, che “volevano solo essere italiani”.

Ma c’è un altro “giorno del ricordo” particolarmente importante e, purtroppo, attuale.

Il 15 maggio infatti, come indicato nella Risoluzione approvata dall’assemblea generale ONU, è il giorno del ricordo della “Nakba” (parola che significa “disastro”) che, nel 1948, segnò l’inizio della guerra arabo-israeliana e, con essa, l’esodo forzato di circa 700 mila Palestinesi, cacciati o fuggiti dalle loro case e mai più tornati.

Per raccontare questa dolorosa pagina di storia, che sembra tristemente ripetersi in questi giorni, sarà utile la mostra “Al Nakbaalle radici della tragedia Palestinese” ideata dallo storico Gilberto Gilberti (considerato uno dei massimi esperti della questione Palestinese) che racconta l’esodo di 700 mila Palestinesi (come stimato dalle Nazioni Unite) dopo la sconfitta della prima guerra combattuta tra Arabi e Israeliani.

Una tragedia, quella della “Nakba”, che si collega indubbiamente agli avvenimenti storici legati al “giorno della memoria” e, nel contempo, ci ripropone immagini che ricordano, ovviamente in un diverso contesto storico, il drammatico esodo di migliaia di italiani giuliano-dalmati che viene, appunto, ricordato il 10 febbraio.

Raccontare per conoscere, conoscere per ricordare.

Raccontare dunque, queste pagine di storia attraverso le immagini delle “mostre” e le memorie storiche letterarie ad esse legate, facendo emergere quel “filo rosso” che le unisce e che, purtroppo, le rende ancora particolarmente attuali.

I giorni della memoria e del ricordo” è un percorso progettuale promosso dall’aps Arci Francesco Jovine, d’intesa con l’Ente di Terzo settore Artemusa Aps, il Distretto di Economia CivileAntonio Genovesi”. Gli eventi che non si fermeranno alla data del 4 dicembre, sono patrocinati dal Consiglio regionale della Regione Molise.

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