Petraroia: . Nella legge di stabilità non sono previste misure specifiche di rilancio per il Mezzogiorno

9 milioni di italiani non lavorano e non intravedono spiragli per rientrare nel mercato del lavoro. Il Mezzogiorno è a rischio di desertificazione industriale e sociale come certifica lo SVIMEZ , il principale centro studi meridionale. Da Bruxelles i burosauri rinviano il giudizio sulla legge di stabilità italiana a marzo ritenendo poco credibile la manovra in termini di contenimento del deficit e del debito pubblico. In realtà il provvedimento non contiene scelte espansive in chiave macroeconomica e si muove nel solco delle politiche di austerità imposte dalla Commissione Europea prevedendo tagli per 10 miliardi a danno dei comuni, delle province e delle regioni. Nella legge di stabilità non sono previste misure specifiche di rilancio per il Mezzogiorno e tanto meno per il lavoro, per la tutela del reddito e per il contrasto alla povertà. Il Piano di 300 miliardi per la crescita e l’occupazione, preannunciato dal Presidente della Commissione Junker si è ridotto ad una prima ipotesi di 21 miliardi che al momento sono del tutto teorici nel mentre la disoccupazione morde nella carne viva di 9 milioni di italiani e delle loro famiglie. Il tour meridionale del Presidente Renzi non apre nuove prospettive o mutamenti di scenari stante l’assenza di politiche di investimenti tese ad accorciare il divario infrastrutturale col Centro-Nord. Al contrario come ha efficacemente ricordato il Presidente della Commissione Bilancio del Parlamento Francesco Boccia il Mezzogiorno si è visto sottrarre 3,5 miliardi di fondi strutturali che sono serviti per pagare gli ammortizzatori sociali per aziende localizzate per il 90% nel Nord anziché essere orientati a migliorare la competitività territoriale del Sud con azioni di sistema sulle ferrovie, sulla logistica, sulle Università e sulla banda larga. Con gli spot di Renzi non si risolvono i problemi atavici del meridione che non chiede assistenza ma di poter disporre delle medesime infrastrutture materiali e immateriali del Centro-Nord per non penalizzare le proprie imprese nelle sfide competitive imposte da una globalizzazione che non fa sconti a nessuno. Tagliando di 10 miliardi i trasferimenti a comuni, province e regioni si accentuerà ulteriormente la sofferenza dei territori più svantaggiati che hanno un’economia aggrappata ai bilanci degli enti locali. Meno soldi equivale ad altri licenziamenti in tutte quelle attività che ruotano intorno alla Pubblica Amministrazione in termini di servizi esternalizzati ed opere pubbliche. I comuni dovranno aumentare le tasse locali per provare a chiudere i bilanci e le persone in sofferenza si vedranno negare anche gli ammortizzatori sociali in deroga grazie a norme più restrittive varate per sanare i conti dello Stato. In un contesto simile il Molise rischia di rimanere stritolato tra l’indifferenza delle regioni più forti e la strumentalizzazione mediatica nazionale che confonde artatamente la soppressione della regione con la cancellazione dei diritti a danno di 310 mila cittadini molisani. Il Governo sollecitato ad aprire un confronto sulle criticità più acute del nostro territorio si nasconde dietro i cavilli degli azzeccagarbugli confidando nella secolare divisione locale alimentata ad arte da chi specula sulla sofferenza delle persone per favorire il ritorno alle pregresse stagioni politiche. In un simile scenario bisogna avere il coraggio di denunciare la miopia delle politiche di austerità europee e chiedere con determinazione un cambio di passo al Governo in favore del lavoro a partire dalle aree di crisi del Mezzogiorno su cui occorre decidere di investire per rendere attrattivi gli insediamenti produttivi. Sarà poca cosa ma c’è un Molise che non si arrende, che domani difenderà la Costituzione in piazza con l’ANPI, che oggi ha partecipato alla raccolta della colletta alimentare per aiutare le fasce più povere della popolazione, che prepara un seminario scientifico nazionale sul diritto del lavoro contro i licenziamenti privi di giusta causa e che lotta per non perdere i servizi pubblici sanitari, della scuola e dell’assistenza sociale. Una lotta di merito per un futuro migliore e contro scelte nazionali sbagliate che nel 2015 accentueranno i disagi, le sofferenze ed i problemi per tante persone della nostra regione.
Michele Petraroia

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