Il Rapporto Censis del 2025 fotografa un’Italia segnata da: invecchiamento dell’occupazione, crollo della motivazione nel lavoro, salari e potere d’acquisto in declino, ricchezza concentrata nelle mani di pochi, sistema industriale in difficoltà, welfare sempre più fragile, sanità soffocata da aggressioni e carenze, e rapporto problematico con l’Unione europea.
Il mercato del lavoro italiano vive un progressivo, inarrestabile “Invecchiamento” che modifica struttura e dinamiche dell’occupazione, infatti nel biennio 2023-2024, l’84,5% dei nuovi posti creati è stato assorbito da persone con 50 anni e oltre: ben 704.000 dei 833.000 nuovi occupati arrivano da questa fascia d’età, il 2025 conferma la tendenza: nei primi dieci mesi l’aumento complessivo è di 206.000 unità, interamente trainato dagli over 50, cresciuti di 410.000 posti.
I giovani non tengono il passo e continuano a retrocedere, purtroppo, gli occupati sotto i 35 anni diminuiscono di 109.000 persone, mentre cresce in modo rilevante il numero degli inattivi, aumentati di 176.000 unità in dieci mesi, un fenomeno catastrofico che segnala una difficoltà di inserimento, accompagnata da crescente rassegnazione.
Si verifica nello stesso tempo un paradosso: nel biennio 2023-2024 l’input di lavoro, occupati e ore lavorate, aumenta più del Pil, gli occupati crescono del 3,7%, le ore lavorate del 5,3%, ma il Pil solo dell’1,7%. Il risultato è un calo della produttività: -2% per valore aggiunto per occupato e -3,5% per ora lavorata.
Questo quadro negativo si delinea mentre l’Italia scala le classifiche dell’automazione: più di 10.000 robot installati nel 2023, sesto Paese al mondo, con un’intensità superiore a quella media europea, statunitense e asiatica, questo progresso tecnologico, però, non si traduce in salari migliori; nell’automotive, tra 1995 e 2022 la produttività per occupato è cresciuta del 48,8%, mentre i salari soltanto del 9,3%.
Si evidenzia un dato preoccupante; meno del 30% dei dipendenti privati si sente motivato a dare il massimo nel proprio lavoro, mostra un vero coinvolgimento professionale, tra gli over 55 è al 37,5% e tra i più giovani scende al 29,4%, chi ricopre ruoli intermedi è più motivato (32,2%) rispetto a chi svolge mansioni esecutive (26,1%).
il Censis sottolinea come disallineamento tra competenze e mansioni, disillusione e perdita di centralità del lavoro alimentano un disimpegno che molte imprese riconoscono come minaccia concreta, il 38% dei lavoratori percepisce un impatto diretto del demotivarsi sulla produttività.
Gli infortuni diminuiscono nel lungo periodo, ma i casi mortali non accennano a diminuire; nel 2024 sono state denunciate 518.497 infortuni, 22 ogni 1.000 occupati, con 1.191 vittime, nei primi sei mesi del 2025 gli infortuni calano dello 0,5%, ma i casi mortali aumentano del 7,1%, arrivando a 495.
Gli incidenti sono più elevati tra gli uomini, con il 92% dei decessi, e tra i lavoratori stranieri, che sono solo il 10,5% della forza lavoro ma contano il 23% degli infortuni,tra i giovanissimi: gli under 24 sono il 4,8% degli occupati ma subiscono il 12% degli incidenti.
Il valore reale delle retribuzioni nel 2024 è inferiore dell’8,7% rispetto al 2007, mentre nello stesso periodo, il potere d’acquisto pro capite è sceso del 6,1%, nonostante un recupero modesto tra il 2022 e il 2024.
Dal 2019 al 2024 i prezzi sono aumentati del 17,4%, con il carrello della spesa salito del 23%, (si spende di più ma si compra di meno): i beni alimentari costano il 22,2% in più, ma i volumi acquistati calano del 2,7%, lo stesso vale per vestiario, calzature e servizi finanziari, cresciuti del 106,2% in cinque anni.
Tra 2011 e 2025 la ricchezza delle famiglie italiane è diminuita dell’8,5% in termini reali; il ceto medio è il più colpito: i nuclei tra il sesto e l’ottavo decile perdono tra il 24% e il 35% del patrimonio, mentre il 50% più povero perde oltre il 23%., il 48% dell’intera ricchezza nazionale è nelle mani del 5% delle famiglie, appena 1,3 milioni di nuclei.
La produzione industriale è in calo da trentadue mesi consecutivi; la manifattura arretra nel 2023 (-1,6%), nel 2024 (-4,3%) e nei primi nove mesi del 2025 (-1,2%), i settori più in crisi sono tessile (-11,8%), mezzi di trasporto (-10,6%) e meccanica (-6,4%), si salva il comparto delle armi, che registra una crescita del 31% nei primi nove mesi del 2025.
Oltre un milione e 260 mila bambini in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta; negli ultimi dieci anni sono triplicati: passando dal 3,7% del 2008, pari a 375 mila, al 12,5% del 2018, di questi bambini, 563 mila vivono nel mezzogiorno, 508 mila al nord e 192 mila al centro.
In Italia operano 18.434 multinazionali estere, con oltre 1,7 milioni di addetti e una produttività molto elevata: 516.000 euro di fatturato per addetto.
Le imprese italiane all’estero sono più numerose (25.491), ma più piccole e meno produttive (315.000 euro per addetto).
Il 62% degli italiani ritiene che Bruxelles non giochi ruoli decisivi sullo scacchiere globale, mentre il 53% pensa che l’Europa sia destinata alla marginalità di fronte alla forza di potenze come Cina e India, il 43% degli italiani non approverebbe un intervento militare neppure in caso di attacco a un Paese Nato, due terzi degli italiani ritengono che, se il rafforzamento della difesa imponesse tagli al welfare, bisognerebbe rinunciarvi.
Il 78% degli italiani ha paura che, in caso di non autosufficienza, non potrebbe contare su servizi sanitari adeguati, il 72% ritiene che lo Stato non sarebbe in grado di fronteggiare disastri naturali o eventi climatici estremi, oltre la metà degli italiani sarebbe disposto a pagare fino a 70 euro al mese per tutelarsi da questi rischi, ma il 70% di fatto non adotta alcuna misura assicurativa o finanziaria.
Nel sistema sanitario la situazione è critica, in un anno si sono registrate 22.049 aggressioni contro operatori, il 91% dei medici giudica il proprio lavoro più difficile e stressante, il 66% lamenta la mancanza di tempo per informare i pazienti, quasi la stessa quota segnala carenze di personale, il 71,8% del personale sanitario si sente un capro espiatorio delle inefficienze strutturali.
Nel 2003 il 6,8% dei cittadini partecipava a cortei e mobilitazioni; vent’anni dopo la percentuale si riduce al 3,3%,unica eccezione le recenti manifestazioni legate al conflitto in Palestina.
Alfredo Magnifico







