Le previsioni della Commissione Europea, prevedono che l’Italia sarà l’unico Paese dell’Unione con un pil inferiore all’1% sia nel 2026 che nel 2027.
La produzione industriale registra un calo che prosegue dall’ultimo trimestre 2022, a parte qualche piccolo sussulto mensile, senza il contributo del Pnrr, l’Italia sarebbe già entrata in recessione, si vedrà quale catastrofe verrà fuori dai dazi statunitensi.
I prezzi hanno ripreso a correre, con un’inflazione che ad ottobre si è attestata al +1,7%. L’Indice dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona il “carrello della spesa”, ha registrato un inflazione, cumulata, del +21,6% nel quadriennio e una acquisita del +2,4% ad ottobre 2025, con una maggiore pressione per le famiglie meno abbienti.
La dinamica salariale non ha seguito quella dei prezzi, l’inflazione corre più delle retribuzioni: a settembre 2025, i salari reali sono inferiori dell’8,8% rispetto a gennaio 2021.
Prima del rinnovo del Contratto dei metalmeccanici, c’erano 5,6 milioni di dipendenti in attesa del rinnovo contrattuale, il ritardo dei rinnovi dei contratti alimenta un’ulteriore perdita del potere d’acquisto dei salari.
La tanto decantata crescita occupazionale nasconde tre criticità: un pil stagnante, un lieve aumento delle ore lavorate e la qualità dell’occupazione resta bassa; nel secondo trimestre 2025 i lavoratori a termine sono 2,6 milioni e il 72,7% rimane in questa condizione.
La crescita è trainata dagli over 50, che rappresentano oltre il 40% degli occupati, costretti a restare al lavoro per l’aumento dell’età pensionabile; il tasso di occupazione (62,2% nel 2024), il più basso dell’Ue, è determinato anche del calo della popolazione in età lavorativa.
Le ore di cassa integrazione autorizzate sono aumentate del +18,5% a gennaio-settembre 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024,dato escluso dalle statistiche, sul mercato del lavoro, perché i cassaintegrati sono esclusi dagli “occupati” solo se la loro assenza dal lavoro supera i tre mesi.
Il miglioramento del quadro di finanza pubblica, valutato positivamente dalle agenzie internazionali di rating, è il risultato di un pesante consolidamento fiscale, pari a circa 13 miliardi annui, deciso dallo stesso Esecutivo italiano con il Piano strutturale di bilancio (Psb) varato l’anno scorso.
L’Irpef non indicizzata all’inflazione, preleva, silenziosamente, maggiori imposte da salari e pensioni.
Lavoratori dipendenti e pensionati hanno pagato 25 miliardi in più di imposte non dovute.
Il prelievo su salari e pensioni non solo non è stato restituito tramite un rafforzamento dei servizi pubblici ma viene utilizzato dal governo per migliorare i saldi di finanza pubblica, con l’obiettivo di aprire uno spazio per il riarmo.
Il piano europeo “Rearm Europe” e gli impegni assunti in sede Nato, sconvolgeranno gli equilibri di bilancio e modificheranno la composizione della spesa pubblica, ci sarà un aumento delle risorse destinate alla difesa di oltre +10 miliardi annui e, alla fine del decennio, la spesa cumulata ammonterà a circa 964 miliardi. Si tratta di un’ingente mole di risorse che sarà sottratta ad altri capitoli fondamentali come sanità, previdenza, salari e investimenti pubblici.
La manovra non incide sulla crescita, che si basa su austerità (forte riduzione della spesa pubblica con drammatiche conseguenze sul sistema pubblico dei servizi utilizzato da lavoratori dipendenti e pensionati), aumento silenzioso delle imposte su salari e pensioni e riarmo.
La riforma del sistema fiscale dovrebbe essere ispirata all’articolo 53 della Costituzione, con una vera lotta all’evasione fiscale e contributiva che si attesta a oltre 100 miliardi e, infine, una tassazione.
Alfredo Magnifico






