La sicurezza sul lavoro ha bisogno di chiarezza e durezza

Ogni anno si verificano in Italia oltre 1.000.000 di incidenti sul lavoro con conseguenze che provocano quasi 25.000 invalidità permanenti e più di 1.200 morti.

Nel 2024 i morti sono stati 1481, mentre nei primi due mesi del 2025 sono stati 138, rispetto al 2024, sono aumentati del 16%, ovvero 19 in più dello scorso anno.

Mi è capitata tra le mani la sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, n. 38914 del 25 settembre 2023, che assegna la responsabilità penale al RLS in un caso di infortunio mortale, il caso ha generato un intenso dibattito, caratterizzato da opinioni divergenti.

La sentenza scaturisce da un incidente sul lavoro, che determinava la morte di un dipendente della Società, schiacciato da alcuni tubolari che gli rovina addosso”, l’incidente si verificava mentre il dipendente esercitava una mansione che, da contratto, non gli spettava e per la quale non aveva svolto alcun percorso formativo”.

La sentenza rappresenta un ottimo spunto per effettuare qualche riflessione “sul perché quando si parla di salute e sicurezza sul lavoro si tende a sollevare sempre grandi polveroni, che riempiono le pagine di cronaca, inevitabilmente fanno notizia su momento e poi come diceva mio nonno chi ha il morto se lo piange e il resto si da pace”.

Un sistema normativo, quello sulla sicurezza che fatica a farsi comprendere, a più di 17 anni dall’approvazione del D.Lgs. n. 81/2008.

Nonostante il “corpus normativo” più che ridondante e una copiosa applicazione giurisprudenziale, non soltanto la prevenzione nel sistema nostrano risulta fallace, ma parrebbe non essere ancora una priorità nella realtà imprenditoriale e legislativa.

La cultura della sicurezza rimane ancora appannaggio di pochi, questo non può che essere addebitato alla natura di un sistema, che fatica a farsi comprendere, fagocitato da una burocrazia che annebbia l’imprenditoria, è vero che molte imprese riconoscono che la sicurezza deve essere parte delle strategie aziendali, ma, nella realtà ci si scontra con la difficoltà di mettere in pratica norme complesse e che impongono dei costi talvolta elevati, tutto ciò lascia pensare all’opportunità di stabilire strumenti e politiche che da un lato aiutino le imprese a non allontanarsi dal concetto di sicurezza e dall’altro lato le spingano ad investire in tal senso attraverso opportuni sgravi di costo.

La macchina della sicurezza rappresenta un mostro normativo che fatica a farsi capire e men che meno a farsi accettare, tuttavia, si assiste ad un suo continuo protagonismo poiché l’inefficienza di cui è densa tale macchina fa (purtroppo) vittime reali e rappresenta occasione per creare dibattito, insinuandosi nello sgomento di quanti si trovano a leggere di un disastro, sicuro terreno fertile per le più opprimenti indignazioni, più o meno giustificate o giustificabili”.

La spettacolarizzazione delle tragedie a cui i media ci hanno abituato dovrebbe portare a riflessioni maggiormente oculate, da parte del legislatore, sul come fare prevenzione in modo efficiente.

Una maggiore, assoluta rilevanza dovrebbe essere data al tema della formazione, introducendo sistemi virtuosi idonei a sensibilizzare i lavoratori tutti sull’importanza che assume il lavorare in sicurezza,

Occorrerebbe dare maggiori spazi di manovra all’autonomia collettiva, funzionalmente a creare scudi endoaziendali utili a prevenire il verificarsi di eventi infausti”.

Sarebbe utile affrontare un serio discorso sugli affidamenti a terzi dei lavori, ovvero, gli appalti a cascata che vedono uno sfruttamento insensato del lavoratore.

Individuare modalità, durata e contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, designazione e di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,prevedendo gli strumenti per l’espletamento delle funzioni

In tale contesto, pertanto, ci si chiede se oggi, alla luce della normativa in vigore che vede nel d.lgs. n. 81/2008 la propria panacea, i datori di lavoro ed i lavoratori tutti possano effettivamente lavorare in sicurezza attraverso gli strumenti messi a disposizione dal legislatore e senza che l’attività imprenditoriale si trasformi in una macchina preposta più al controllo della sicurezza che non allo sviluppo (in senso lato) della ricchezza.

Mi auguro che il legislatore, “spinto dal risalto mediatico delle tristi vicende di cui si è detto, possa intervenire per garantire migliori strumenti di tutela che siano utili ai lavoratori per lavorare fuori da quelle che sembrano sempre più delle trincee che non luoghi di crescita professionale e ai datori di lavoro per continuare a fare impresa senza sentirsi asfissiati dalla posizione di garanzia che, per loro natura, devono rivestire.

Alfredo Magnifico

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