Una nuova metodica di ultimissima generazione per la cura dell’aneurisma dell’aorta addominale alla Fondazione “Giovanni Paolo II”

L’aneurisma dell’aorta addominale è una dilatazione localizzata permanente dell’arteria che ne indebolisce la struttura. La rottura dell’aneurisma è un evento che causa 6000 morti ogni anno in Italia: in particolare, l’80% dei pazienti muore prima di giungere in ospedale, dove la mortalità degli interventi eseguiti in emergenza è del 50%. Un rischio che al contrario si riduce al 3%, quando il chirurgo vascolare può programmare l’intervento. Gli aneurismi  con un diametro superiore a 5 cm nella donna e 5.5 cm nell’uomo o in rapido accrescimento, cioè l’aumento di 1 cm di diametro entro l’anno, devono essere trattati chirurgicamente, per prevenire la rottura. In linea generale il rischio di rottura è tanto più alto quanto è più grande l’aneurisma. Le possibilità tecniche tradizionali di correzione preventiva dell’aneurisma sono due: l’approccio chirurgico tradizionale a cielo aperto e il trattamento endovascolare, meno invasivo. Nella scelta tra i due approcci si deve tener conto delle caratteristiche anatomiche dell’aneurisma, ma anche dell’età, delle condizioni di salute generale. Entrambi offrono buoni risultati immediati ma a distanza sembrerebbe avere più benefici i pazienti trattati chirurgicamente. L’evoluzione tecnologica e la nascita di nuovi sofisticati materiali, ha permesso la realizzazione di nuove endoprotesi,  più durature nel tempo e  che permettono di trattare pazienti altrimenti inoperabili o ad alto rischio clinico.

Alla Fondazione di Ricerca e Cura “Giovanni Paolo II” nel Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, diretto dal dott. Carlo Maria De Filippo, è stata applicata una nuova procedura per il trattamento dell’aneurisma dell’aorta addominale, che prevede l’utilizzo di un’endoprotesi di ultimissima generazione. Si chiama NELLIX ed utilizza una particolare sostanza di sintesi per riempire la sacca dell’aneurisma per prevenirne la rottura. Questa metodica può essere praticata anche su pazienti un tempo inoperabili per via endovascolare e che, quindi, sarebbero andati incontro a conseguenze irrimediabili in caso di rottura dell’aneurisma.

L’equipe di Chirurgia Vascolare della Fondazione, coordinata dal dott. Piero Modugno, con la collaborazione del dott. Basso Parente, amico e chirurgo vascolare dell’Ospedale di Perugia, ha operato un uomo molisano di 83 anni, che a causa delle particolari condizioni cliniche non poteva essere trattato con le tecniche endovascolari normalmente praticate.

I dispositivi tradizionalmente disponibili per essere impianti necessitano di un tratto di aorta non malata di almeno un centimetro, questo spazio è necessario per ancorare la protesi in modo stabile, affinché possa rimanere fissa negli anni. Nei pazienti seriamente compromessi, non sempre vi sono queste condizioni.

Un altro “limite” di questi strumenti è che a causa delle loro dimensioni e di un certa rigidità strutturale l’accesso al sito di intervento potrebbe risultare difficoltoso e pericoloso. Questo è vero, soprattutto per le persone con anatomie tortuose dei vasi sanguigni. I nuovi dispositivi, invece, offrono invece una maggiore flessibilità, grazie ad un rivestimento idrofilo, ed una migliore navigabilità a livello dei vasi, consentendo di praticare interventi di tipo “sartoriali”, cuciti su misura, rispettando le anatomie e le tortuosità vascolari dei singoli casi.

L’aneurisma deriva da una dilatazione dell’aorta che ne indebolisce la struttura. Si crea una sorta di sacca di sangue che fa pressione sul vaso sanguigno fino a spingerlo alla rottura. Per evitare questo, si fa ricorso a questa procedura. Il meccanismo con cui agisce questa nuova endoprotesi prevede prima di tutto l’impianto di stant:  due piccolissimi “tubicini”  che vanno a collegare direttamente l’aorta con le arterie,  escludendo la zona aneurismatica. A questo punto, la sacca, ormai quasi vuota, viene riempita con una speciale sostanza, detta polimero, che blocca, sostiene e protegge gli stant applicati.

Ciò impedisce la futura rottura e viene  ripristinato il regolare flusso sanguigno. Il risultato è minore invasività, maggior comfort per il paziente, minor dolore post operatorio.  La ripresa funzionale è rapida e la dimissione avviene dopo pochi giorni.

Sono pochi i Centri di Chirurgia Vascolare in Italia che praticano questa metodica, che è stata introdotta importata dagli USA nel 2014 nel 2015 anche in Italia.

 

NOTE SULL’UNITA’ DI CHIRURGIA VASCOLARE:

L’Unità di Chirurgia Vascolare della Fondazione ha effettuato circa  245 interventi di aneurisma dell’aorta addominale , di cui 153 interventi “open” e 92 per via endovascolare con una mortalità complessiva  di  2/245 (0.8%) e le complicanze maggiori sono state di 15/245 pz (6 %). L’organizzazione Dipartimentale è il punto di forza principale, al paziente viene garantito un percorso assistenziale completo, con la presenza di diversi specialisti.

In collaborazione con l’Unità di Cardiochirurgia ha effettuato  32 interventi sull’aorta toracica discendente ed arco aortico  di cui  2interventi di “elefant trunk”, 1 sostituzione dell’aorta toracica discendente “open”, 9 iNTERVENTi IBRIDi Arco AORTICO  e 20 posizionamento endoprotesi aorta toracica discendente . Questa Attività ha consentito alla chirurgia Vascolare della Fondazione, guidata dal dott. Pietro MODUGNO, di rivestire un posto sempre più importante all’interno della Società di Chirurgia vascolare ed Endovascolare dove non solo è in prima linea nel trattamento dell’Ischemia critica non rivascolarizzabile con la sperimentazione delle cellule staminali, ma anche per il trattamento degli aneurismi dell’aorta addominale. L’invito a moderare la sessione dedicata a questa patologia  al Congresso Internazionale di Chirurgia Vascolare organizzato dal Prof. Palumbo e a cui hanno partecipato tutti i più grossi Chirurghi vascolari è una conferma dell’interesse della Comunità scientifica verso il Centro molisano.

L’innovazione tecnologica è un elemento caratterizzante dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui la Fondazione fa parte. Il costante aggiornamento è indispensabile per garantire  prestazioni di alta qualità.

Commenti Facebook