Referendum meritevoli di sostegno

Alcuni dei quesiti referendari, al di là dei proponenti, che sono lontani dal mio modo di pensare, vale la pena analizzare e prima di dire non vado a votare bisognerebbe pensarci due volte.

Il primo è quello sulla cittadinanza. Oggi in Italia può avere il passaporto chi ha un bisnonno o un trisavolo emigrato nell’Ottocento, e magari non parla italiano, non è mai stato in Italia, sicuramente non ha mai pagato un soldo di tasse qui (e magari, quando c’è Italia-Brasile o Italia-Argentina fa il tifo per gli altri), mentre ci sono persone che vivono e lavorano qui, parlano italiano, hanno dei figli che fanno le scuole qui e che tiferanno assieme a noi se e quando ci qualificheremo di nuovo ai mondiali, ma per le quali l’accesso alla cittadinanza è un percorso a ostacoli fatto apposta per impedire l’accesso.

Votare sì al referendum può essere allora una maniera, quale che sia l’affluenza, per chiedere una normativa meno provinciale e ottocentesca, e risolvere i problemi di denatalità e di braccia che mancano al mondo del lavoro.

Il secondo referendum meritevole di sostegno è quello sul contratto a tempo indeterminato. E qui subentra il mio orgoglio di sindacalista di una vita, che ha vissuto per 40 anni nella Cisl e ha fatto parte della storia della Cisl.

Il principio per cui il contratto è di regola a tempo indeterminato, che non significa “posto fisso” nella nostra legislazione fino a qualche anno fa il contratto “a termine” era l’eccezione, ricordo le chilometriche riunioni all’ufficio del lavoro di Roma per determinare il numero dei contratti a termine, per la stagionalità negli alberghi, l’eccezione era il lavoro a tempo determinato e il lavoro Extra o di surroga per implementare stagionalità e servizi di banchetti.

Pastore e tanti altri ex Cislini presentarono una proposta di legge nel 1956 (Disciplina dei contratti di lavoro a termine, C2193) che poi fu ripresa, primo firmatario Storti, nella legislatura successiva (Disciplina del contratto di lavoro a termine, C135) e, assieme ad un’altra iniziativa a firma di Brodolini, arrivò all’approvazione della legge 230/1962.

Quindi l’unico modo di essere fedeli a questa storia, la stessa storia è votare un grosso “SÌ” a questo quesito, qualunque sia l’affluenza.

Ricordo come oggi la battaglia referendaria del 1985, per il referendum sulla scala mobile, la CISL con Carniti e Marini, insieme alla UIL e alla componente Socialista della CGIL, per votare no. Marini disse “non possiamo sperare di vincere con l’astuzia” e così si sconfisse l’idea dell’astensione.

Quell’ idea vinse nelle urne perché si raggiunse il quorum (77%) e il referendum fu respinto perché la maggioranza ( il 53% ) degli italiani (votanti) barrò il NO nell’urna.

Ognuno ha il suo modo di pensare, ma la cosa più bella sarebbe che molti italiani votassero e dicessero la loro.

Canterebbe vittoria chi ha sostenuto la tesi che si afferma e non chi vorrebbe un popolo acefalo e dirottare la scelta sulla non partecipazione in modo tale che astutamente non si va a votare e si fa decadere il referendum non sui contenuti ma sulla forma.

Il Referendum che mi convince è anche quello sulla responsabilità dell’imprenditore committente sul quale si è pronunciata con la sentenza numero 15, la Corte costituzionale che ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.», dichiarata conforme a legge dall’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024.

La Corte costituzionale ha osservato che la norma oggetto del quesito non interferisce con le materie per le quali l’articolo 75, secondo comma, della Costituzione preclude il ricorso all’istituto del referendum abrogativo.

Il quesito rispetta i requisiti di chiarezza e semplicità, essenziali per garantire il

popolo nell’esercizio del suo potere sovrano.

Dalla formulazione del quesito si evince in modo inequivocabile la finalità di

rafforzare la responsabilità dell’imprenditore committente.

Il quesito tende a un esito lineare e pone al corpo elettorale un’alternativa netta: «il mantenimento dell’attuale assetto della responsabilità solidale, contraddistinto da deroghe significative, o l’integrale riespansione di tale responsabilità, senza alcuna eccezione per i danni prodotti dai rischi tipici delle attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici».

È dunque garantita quella scelta chiara e consapevole, che il giudizio di ammissibilità demandato alla Corte costituzionale è chiamato a salvaguardare.

Alfredo Magnifico

Commenti Facebook