Cibi ultraprocessati: anche Neuromed firma la nuova collezione tematica della rivista The Lancet

L’aumento degli alimenti ultra-processati nelle diete di tutto il mondo rappresenta una sfida
urgente per la salute pubblica, che richiede politiche coordinate e azioni di sensibilizzazione a
livello globale. È quanto afferma una nuova serie di tre articoli pubblicata dalla prestigiosa rivista
The Lancet e firmata da 43 esperti internazionali, tra i quali figura Marialaura Bonaccio,
ricercatrice dell’Unità di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS).
Le Lancet Series sono collezioni tematiche di articoli scientifici dedicate ai grandi temi della
medicina e della salute pubblica. Quella appena pubblicata, interamente incentrata sugli alimenti
ultra-processati (UPF), analizza il loro impatto sulla salute, la crescente influenza delle grandi
aziende alimentari e la necessità di un’azione politica coordinata. Gli esperti delineano una visione
d’insieme che unisce ricerca scientifica, regolamentazione pubblica e partecipazione sociale, con
l’obiettivo di promuovere sistemi alimentari più equi e sostenibili.
“La diffusione degli alimenti ultra-processati – dice Marialaura Bonaccio – sta modificando in
profondità il nostro modo di mangiare e di intendere l’alimentazione. Anche in contesti come quello
mediterraneo, tradizionalmente riconosciuto come modello di equilibrio e salute, stiamo assistendo
a una progressiva sostituzione di cibi freschi e preparazioni domestiche con prodotti industriali
pronti al consumo, spesso ricchi di zuccheri, grassi e additivi. Questo cambiamento, da noi
ampiamente riscontrato nell’ambito del Progetto Moli-sani, non riguarda solo la qualità
nutrizionale, ma anche gli aspetti sociali e culturali legati al cibo, che rappresentano parte integrante
del benessere collettivo. Comprendere e contrastare questa trasformazione è oggi una priorità di
salute pubblica, che richiede politiche mirate e un rinnovato impegno nella promozione di abitudini
alimentari sane e sostenibili”.
Dalle analisi raccolte emerge che i cibi ultra-processati stanno progressivamente sostituendo
alimenti freschi e tradizionali, con effetti misurabili sulla qualità complessiva della dieta e sul
rischio di malattie croniche. Secondo i ricercatori, il fenomeno non riguarda solo le scelte

individuali, ma un sistema alimentare globale che privilegia prodotti industriali ad alto contenuto
calorico e basso valore nutrizionale.
“Il crescente consumo di alimenti ultra-processati sta rimodellando le diete in tutto il mondo,
sostituendo alimenti e pasti freschi o minimamente trasformati – dice Carlos Monteiro, professore
all’Università di San Paolo in Brasile e inventore della classificazione Nova utilizzata per valutare il
consumo degli UPF negli studi epidemiologici -. Questo cambiamento nelle abitudini alimentari è
alimentato da potenti corporation globali che traggono enormi profitti dando priorità a prodotti
ultra-processati, sostenuti da vaste campagne di marketing e da pressioni politiche volte a bloccare
politiche di salute pubblica efficaci a favore di un’alimentazione sana”.
La serie invita dunque a una risposta globale, sottolineando la necessità di politiche coraggiose e
coordinate per contenere l’espansione di questi prodotti e rendere più accessibili le alternative sane.
È un appello che coinvolge governi, istituzioni e società civile, chiamati a ridurre la dipendenza da
cibi industriali e a rafforzare le basi di una cultura alimentare consapevole.
In Brasile, il programma nazionale per l’alimentazione scolastica mostra che cambiare rotta è
possibile: nelle mense sono stati quasi eliminati i cibi ultra-processati e l’obiettivo, entro il 2026, è
servire solo alimenti freschi o poco trasformati. Secondo gli esperti, politiche di questo tipo
dovrebbero andare di pari passo con interventi che rendano più accessibili i cibi sani, ad esempio
sostenendo le famiglie a basso reddito.
“Migliorare le diete a livello mondiale richiede politiche adattate alle condizioni specifiche di
ciascun Paese e al grado di diffusione degli alimenti ultra-processati nelle abitudini quotidiane –
sottolinea Marion Nestle, Università di New York (Stati Uniti) – Sebbene le priorità possano
variare, è necessario agire ovunque con urgenza per regolamentare questi prodotti, affiancando tali
misure agli sforzi già in corso per ridurre grassi, sale e zuccheri”.
Per i ricercatori, affrontare la questione degli alimenti ultra-processati significa ripensare i sistemi
alimentari in un’ottica di salute pubblica, tutela delle tradizioni locali e sostenibilità. Un impegno
che trova nella ricerca scientifica uno strumento fondamentale per orientare le scelte politiche e
sociali verso un futuro alimentare più equilibrato.

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