Continua senza sosta la lunga scia di sangue delle vittime. La mattanza continua senza tregua, con la popolazione femminile ridotta a carne da macello, spaventata e incapace di difendersi dal nemico che attacca a testa bassa e sa di essere più forte perché stiamo parlando del marito, del fidanzato, o compagno, che quindi spesso vive dentro la casa della vittima e fa leva su lacrime e sentimenti chiedendo perdono anche in ginocchio, ma nascondendo un’arma dietro la schiena.
Queste le dolorose parole che introducono il comunicato stampa della Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso Giuditta Lembo – Otre il 50% delle donne italiane che vengono uccise muore per mano di chi le doveva amare. Si tratta di una percentuale addirittura superiore a quella indicata dall’Organizzazione mondiale della sanità e per i femminicidi nel resto del mondo siamo oltre il 38%.
Nel nostro Paese si dà ancora la possibilità al carnefice di poter usufruire dello sconto di pena attraverso ad esempio il rito abbreviato, il patteggiamento, e si motiva vergognosamente l’uxoricidio con il raptus di gelosia!
E’ poco consolante cercare di chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati, ma non è tutto – prosegue la Lembo – come possiamo noi donne italiane aspettarci che qualcuno ci difenda se non facciamo abbastanza per difenderci da sole? La strada è tutta in salita perché le italiane non hanno peso “socio-politico” o comunque non abbastanza.
Non ci sono sufficienti rappresentanti femminili nei luoghi di potere, poche ancora in Parlamento, nelle Istituzioni, e quindi bisogna essere obiettivi, e capire una volta e per tutte che allo stato attuale, se le donne non si impongono con decisione e fermezza e non si impegnano a costruire anche loro una lobby al femminile, questi fenomeni saranno posizionati nelle agende politiche maschili sempre all’ultimo punto (quando va bene!).
Sono giovani donne o madri di famiglia, tra i 25 e i 54 anni, le vittime, 7 su 10 in ambito familiare e la metà muore novanta giorni dopo aver troncato una relazione, perché lui non perdona ma spara o accoltella. Da quando si è smesso di nasconderli sotto il velo dell’omicidio passionale è evidente che si parla di strage e per ora la strage è continuata a ridosso anche dell’8 marzo. L’orrenda fine di Alessandra Musarra a Messina, il delitto di Fortuna a Napoli e prima ancora lo stupro nella circumvesuviana sempre a Napoli e la donna a cui l’ex ha dato fuoco a Reggio Calabria: altre vittime innocenti e ancora un fiume di sangue, è uno sterminio senza fine che non può proseguire e al quale non possiamo più assistere inerti.
I cortei di protesta e i gesti simbolici di indignazione non bastano, per fermare il femminicidio serve una grande rivoluzione culturale. Nessuna misura penale, processuale o economica contro la violenza domestica può dirsi efficace se non sostenuta poi da un impegno altrettanto incisivo sul piano educativo e formativo. Per vincere un nemico che spesso è al nostro fianco occorre combattere una battaglia che nessun altro combatterà per noi, perchè violenze e crimini sono all’ordine del giorno e molte donne che vengono uccise avevano talvolta denunciato invano i maltrattamenti subiti.
C’è un problema in quelle denunce così come nel tragico epilogo di tante vicende, a riprova che tanto è stato fatto ma molto di più ancora occorre fare per tutelare le donne da chi dice di amarle e invece si rivela un brutale assassino. Le donne da parte loro prendano consapevolezza di se stesse e della loro condizione. Ogni donna uccisa poteva essere una nostra figlia, mamma, sorella, parente, amica.
E la battaglia deve partire anche dalle Istituzioni per arrivare ai cittadini, per questo – conclude Giuditta Lembo – intendo lanciare un sms all’Assise regionale, ai Comuni per intervenire, ogni qualvolta ci siano gli estremi, attraverso la costituzione di parte civile a fianco delle vittime e con un sostegno concreto e immediato ai figli molto spesso anch’essi vittime della cd. violenza assistita. E’ inaccettabile leggere sentenze come quella della Corte di Appello di Ancona, poi ribaltata dalla Cassazione, che assolvono gli stupratori perché la vittima aveva l’aspetto troppo mascolino! Ora basta, non è normale che tutto questo sia normale.
La lotta alla violenza sulle donne deve diventare una priorità vera, non più uno slogan e un racconto quotidiano di cronaca nera. Non ci può essere nessun raptus che giustifichi altro sangue. Le donne non devono più sentirsi prede, vittime potenziali per il solo fatto di essere donne.
Per ogni violenza consumata, per ogni umiliazione subita, per ogni corpo sfruttato, per ogni intelligenza calpestata, per ogni bocca imbavagliata, per ogni libertà negata e per ogni vita cancellata: per tutto questo il femminicidio va affrontato e sconfitto, da tutti, senza se e senza ma. Il tempo delle parole deve essere sostituito con quello delle azioni.