Pensioni, resta il taglio oltre i 2.000 e per coprire la no tax area

Le misure sulla previdenza (ovvero l’ampliamento della no tax area, il part time e l’opzione donna) verranno pagate con i tagli all’indicizzazione dei trattamenti sopra quattro volte il minimo (circa 2 mila euro)

di Francesco Di Frischia da www.corriere.it

Mentre il testo della legge di Stabilità approda in Senato, dopo la firma del presidente Mattarella, si scoprono novità in materia previdenziale: le misure sulle pensioni (ovvero l’ampliamento della no tax area, il part time e l’opzione donna) verranno pagate con i tagli all’indicizzazione dei trattamenti sopra quattro volte il minimo (circa 2 mila euro). Quindi la misura, che permette di adeguare le pensioni al costo della vita, sembrava una clausola di salvaguardia: alla fine, però, è diventata una vera e propria copertura nella manovra. Intanto oggi, dopo la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, inizia l’analisi del provvedimento in Commissione Bilancio.

Il ddl è di certo un provvedimento corposo, 52 articoli, con interventi che vanno dall’eliminazione delle tasse sulla prima casa, al pacchetto imprese fino all’introduzione del canone Rai in bolletta. Sul fronte previdenziale la rivalutazione degli assegni, promossa dal governo Letta, doveva terminare la sua efficacia il prossimo anno: l’esecutivo guidato da Matteo Renzi ha invece deciso di riproporla fino al 2017 e 2018. Secondo i rumors circolati prima del varo definitivo del documento, il ministero dell’Economia aveva ipotizzato che il blocco dell’indicizzazione avrebbe rappresentato una clausola di salvaguardia temendo che non fossero state sufficienti le coperture. A conti fatti, però, l’esecutivo si è reso conto che il taglio delle pensioni medio alte permette di trovare le risorse per avviare misure di flessibilità: tra queste l’innalzamento della «no tax area», cioè la soglia sotto la quale non si pagano le tasse per i pensionati, entrerà in vigore a partire dal 2017 e non dal prossimo anno, come in molti si aspettavano. C’è pure la possibilità di offrire ai cittadini con più di 63 anni di optare per il «part time» negli ultimi anni lavorativi. E si sono racimolate pure risorse per l’«opzione donna» (che permette di andare in pensione a 57 anni con 35 di contributi e un importo pensionistico calcolato con il metodo contributivo ndr ), intervento che da solo vale 400 milioni.
Nel dettaglio quindi per il biennio 2017 e 2018 è confermata la rivalutazione piena degli assegni previdenziali fino a tre volte il minimo (pari a circa 1.500 euro), mentre per quelli sopra tre volte e fino a quattro volte l’indicizzazione sarà del 95%, invece che del 90%. I tagli più consistenti scatteranno dalle pensioni superiori a quattro volte il minimo: sopra quattro volte e fino a cinque volte il minimo la rivalutazione si fermerà al 75% (invece che al 90%), sopra cinque volte e fino a sei volte l’indicizzazione sarà fino al 50% (invece che al 75%) e sopra le sei volte al 45% (era previsto il 75%).

Nuove critiche da Tito Boeri ( nella foto) , presidente dell’Inps, che chiede «soprattutto un intervento organico» in materia perché la riforma delle pensioni «è davvero molto importante farla non solo per la flessibilità in uscita», ma anche «per il ricambio all’interno della Pubblica amministrazione». Nella legge di Stabilità «sulle pensioni ci aspettavamo di più – sottolinea -. E questo sarebbe stato possibile anche nel quadro di una manovra espansiva, ma fiscalmente responsabile». «Se si produceva nella direzione di un’uscita flessibile, questo comporta inizialmente dei disavanzi più ampi – precisa il numero uno dell’Inps – ma poi, nel corso del tempo, se la cosa è disegnata nel modo giusto, questo porterà in futuro a dei disavanzi limitati». Boeri, però, vede nella manovra anche qualcosa di buono: «Nella legge di Stabilità ci sono anche degli aspetti positivi soprattutto riguardo agli interventi di contrasto alla povertà». «Credo – fa notare Boeri – che con la legge delega sull’assistenza e con gli interventi già programmati ci siano, per la prima volta in Italia, i margini per pensare di introdurre un reddito minimo».

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