Il metodo Boffo nella politica molisana: qualche riflessione

zitti tuttiE’ un dato di fatto che la politica, la lotta per il potere stia diventando sempre più feroce. Questo sia a livello nazionale che a livello locale. Di solito si associa a questo processo il termine “imbarbarimento”. Ma bisogna intendersi su cosa questo voglia dire e su cosa questo possa comportare. Se davvero si tratti di dinamiche negative e su cosa ci sia dietro. I fatti, i segnali nel Molise sono noti. Il Presidente della Giunta parla esplicitamente di metodo Boffo e di macchina del fango nei suoi confronti, di una vera e propria persecuzione e intimidazione. Il senatore Di Giacomo dall’altro lato ha esplicitamente chiesto ispezioni sulla Questura di Campobasso, dove lavora la sorella del presidente Frattura e ha denunciato pubblicamente quello che lui ha definito un “pizzino” da parte del consigliere regionale dell’attuale maggioranza Salvatore Ciocca. Si tratta di vicende che interfacciano con l’informazione, con le Procure, con fatti che si assumono indicibili o scandalosi.

Non è chiaro sapere se da questo pentolone emergerà qualcosa o porterà a qualcosa ma è certo che la dialettica democratica è ormai collegata ad uno spazio diverso, sottostante, ad una realtà che si assume perversa e foriera di ricatti e gravi conseguenze. Sono le vite private dei politici ad essere scrutinate. E di solito la colpa di questa attività poco edificante, di queste iniziative che non sono consentite dalla comune percezione della democrazia è soprattutto, o solamente, o principalmente dei giornalisti. Su questa questione, delicata ed importante, vogliamo fare un ragionamento. Ci sono, a nostro avviso, due punti importanti su cui riflettere. Il primo riguarda la legittimità dell’intrusione nella vita privata di un rappresentante politico, nell’investigazione dei suoi rapporti economici e privati, nei suoi stili di vita, nella sua relazionalità affettive e nella sua vita sessuale. Nel Molise sino a qualche tempo fa questo era considerato un tabù. I nostro politici erano tutti rispettabili, tutti padri di famiglia esemplari (di donne ce n’erano e ce ne sono pochissime), mariti eccezionali nonché integerrimi nella conduzione dei loro affari economici. Un eden di notabili specchiati, a destra a sinistra come al centro. Per prima questa testata ha cominciato, anni fa, a mettere in dubbio un assioma stupido. E non è che ha dovuto fare un grande sforzo, non è che ha dovuto avere un colpo di genio. Nella democrazia ritenuta la più avanzata al mondo lo scrutinio delle vite privata dei politici e degli aspiranti politici è quasi ossessiva. Negli Stati Uniti, anzi, è considerata necessaria e fisiologica, indispensabile per assicurare la scelta delle persone più adatte a governare una comunità ed una collettività. Il ragionamento è logico: chi vorrebbe avere un presidente cocainomane, una persona devastata dal vizio del gioco o dall’alcool? Che garanzie potrebbe mai dare una persona simile? E chi vorrebbe essere governato da chi pensa solo al sesso, a nuove donne da dover conquistare, fregandosene essenzialmente del governo, degli affari della collettività? E chi vorrebbe essere governato da una persona che pensa solo a sfruttare le cariche pubbliche  per mettere da parte soldi e ricchezze per se stesso? Nessuno, ovviamente. In Italia e nel Molise si è scelta una strada antica: si è nascosto tutto, si è creata un’immagine accettabile dei politici facendo finta che fossero tutti seri, perbene e rispettabili. Ovviamente non era così e non è mai stato così. Se fosse bastata un’amante per distruggere una carriera politica (come succede in America), probabilmente la classe dirigente molisana  non ci sarebbe più. Lo stesso dicasi per il maneggio del danaro. Ma tra i politici nostri ci sono anche cocainomani, ci sono persone aberranti per i loro comportamenti familiari, ci sono persone affette da gravi forme di ludopatia (giocano sempre alle macchinette, per intenderci), c’è di tutto. E allora una stampa libera ha il dovere di informare la gente su chi siano queste persone che si propongono il governo della collettività. Non è una forma di imbarbarimento, ma una forma di progresso e di modernizzazione. Noi abbiamo cominciato a farlo ma abbiamo trovato un muro, tra gli stessi lettori impauriti da un passaggio così forte. Ma siamo convinti che sia questa la strada giusta. Il privato è tale, ed è giusto che resti tale, solo per chi non si propone ruoli pubblici. Chi invece vuole rivestire nella collettività un ruolo di guida deve sottoporsi ad un esame intenso e penetrante della sua vita passata, del suo patrimonio e delle sue finanze, della sua famiglia, delle sue abitudini e del suo stile di vita. E questo un organo di informazione non solo lo può fare, ma lo deve fare. E prima o poi anche nel Molise lo faremo, checché ne pensino i benpensanti o gli stessi politici. Passiamo invece al punto secondo. Ossia quello relativo ai canali attraverso i quali si esplicita questa azione di controllo e di resa pubblica delle virtù e dei vizi privati. E qui  casca l’asino. Proprio per la pruderie imperante nel Molise le azioni di controllo sui politici sono fatte con mezzi distorti o non attendibili. Nel migliore dei casi ci si affida al pettegolezzo o alla diceria, nel peggiore all’investigatore amico o conosciuto. Così non va, non funziona. L’organo di controllo, anche giudiziario deve lavorare in modo asettico su tutto e non solo perché il notificatore o il dipendente, magari, è amico del giudice o lo frequenta assiduamente. Se si accusa qualcuno di una misconduzione dei propri affari si devono avere le prove, renderle pubbliche e chiedere, se c’è rilevanza penale, la verifica delle Procure. Non basta seminare il dubbio di problemi bancari o di assegni non pagati per costruire un’alea di fallimento. Non basta parlare di conti in Svizzera o in Lussemburgo dove sono stati accumulati profitti di tangenti per creare un grande corrotto. Si chieda chiaramente un’indagine patrimoniale sui soggetti in questione, si verifichi il loro stile di vita e il loro patrimonio familiare ma non si lanci la pietra, nascondendo però la mano. Se uno ha uno stile di vita incompatibile con i suoi redditi, se sfreccia con una barca da 300.000 euro sul litorale lo si fotografi e se ne chieda conto. E’ un personaggio pubblico, dovrà spiegare. L’insinuazione, l’ammiccamento, il dire e il non dire non va bene perché non colpisce e non separa i buoni dai cattivi. Ci vuole trasparenza e controllo, ci vuole il coraggio di chiedere ad un politico dove ha preso quei soldi, se usa droghe, se è un alcoolizzato o ha una vita sessuale promiscua e del tutto disordinata. E se ci sono possibili reati (ma potrebbero non essercene) solo allora chiedere l’intervento delle Procure, in modo serio e tracciabile .Altrimenti lasciare il giudizio al cittadino e al corpo elettorale. Ed anche su questo fronte la nostra testata è decisa ad andare avanti, perché il Molise del perbenismo sciatto e omologante non è il Molise del futuro, e,  soprattutto non è un Molise che può sostenere il futuro.

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