Nel mondo,solo un quarto dei lavoratori ha un rapporto di lavoro stabile

Secondo il World Employment and Social Outlook 2015 (WESO) («Rapporto sulle Prospettive occupazionali e sociali nel mondo 2015) , tre quarti dei lavoratori hanno contratti temporanei o a breve termine, lavorano nel settore informale spesso senza nessun contratto, sono lavoratori autonomi o svolgono un lavoro familiare non retribuito. Oltre il 60 per cento dell’insieme dei lavoratori non ha un contratto di lavoro; la maggior parte di questi lavoratori si trova nei paesi in via di sviluppo, svolge un lavoro autonomo o contribuisce a un’attività familiare, tra i lavoratori dipendenti, meno della metà (il 42 per cento) ha un contratto a tempo indeterminato. Il rapporto dell’ILO intitolato The Changing Nature of Jobs («Come cambiano i lavori») afferma che il lavoro dipendente, nonostante sia in aumento in tutto il mondo, rappresenta solo la metà dell’occupazione globale. Nei paesi industrializzati e nell’Europa centrale e del Sud-Est, circa otto lavoratori su dieci sono lavoratori dipendenti; invece in Asia del Sud e nell’Africa sub Sahariana, se ne contano solo due su dieci, viene rilevato l’aumento del lavoro a tempo parziale, soprattutto fra le donne. Questi dati indicano una crescente diversificazione del mondo del lavoro, le forme atipiche di lavoro possono aiutare le persone ad accedere al mercato del lavoro, ma questi cambiamenti riflettono la diffusione di una insicurezza che colpisce numerosi lavoratori in tutto il mondo. Lo spostamento dal rapporto di lavoro tradizionale verso forme atipiche è associato ad un aumento delle disuguaglianze e della povertà in diversi paesi, questa tendenza rischia di prolungare il circolo vizioso caratterizzato da una domanda globale debole e da una lenta creazione di posti di lavoro, fenomeni che hanno interessato l’economia globale e diversi mercati del lavoro durante tutto il periodo successivo alla crisi. Le politiche devono tenere in considerazione l’evoluzione del mondo del lavoro, stimolando le opportunità di investimento per rilanciare la creazione di occupazione e la produttività, e garantire un’adeguata sicurezza del reddito per tutti i lavoratori, non solo per quelli con contratti stabili. Le disuguaglianze di reddito sono in aumento o rimangono elevate nella maggior parte dei paesi; tendenza aggravata dalla diffusione di forme di lavoro temporaneo, dall’aumento della disoccupazione e dell’inattività, nell’ultimo decennio si è ampliato il divario di reddito tra i lavoratori a tempo indeterminato e quelli temporanei, nonostante siano stati compiuti progressi in termini di copertura pensionistica, la protezione sociale — in particolare i sussidi di disoccupazione — rimane praticamente riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato. Per i lavoratori autonomi, anche le pensioni sono scarse: nel 2013, solo il 16 per cento dei lavoratori autonomi ha versato contributi. Cresce il consenso sulla necessità di regolamentare il lavoro per proteggere i lavoratori, specie quelli atipici da comportamenti arbitrari o ingiusti, e per garantire rapporti di lavoro formali tra datori di lavoro e lavoratori. Il problema fondamentale è quello di adattare la regolamentazione a un mercato del lavoro sempre più diversificato. Le leggi sulla protezione dell’occupazione si sono progressivamente rafforzate nel tempo, una tendenza comune nella maggior parte dei paesi e delle regioni. In Europa, dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008 abbiamo assistito ad una generale riduzione della protezione del lavoro, permane il problema di adattare la regolamentazione a un mercato del lavoro sempre più diversificato, una regolamentazione adeguata contribuirà anche alla crescita economica e alla coesione sociale. Secondo una stima, in circa 40 paesi, globalmente un posto di lavoro su cinque è collegato alle catene di fornitura globali — si tratta di posti di lavoro che contribuiscono alla produzione di beni e servizi direttamente consumati o successivamente trasformati in altri paesi.
Alfredo Magnifico

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