Ma dove sono finiti i camerieri italiani? Tutti li cercano, nessuno li attrae

Nell’estate della doppia crisi, tra guerra,inflazione e pandemia, in Italia camerieri, cuochi, baristi e bagnini sembrano essere tra le materie prime più rare, infatti, non passa giorno in cui non si senta un ristoratore,più o meno stellato, che non si lamenti della carenza di personale.

Non passa giorno in cui non ci sia qualche testa d’uovo che non dica che è tutta colpa del reddito di cittadinanza e dei giovani che non hanno voglia di lavorare.

Nessuno però che si chieda: ma dove sono finiti, davvero, questi camerieri?  Le risposte, in maniera semplice, gli addetti ai lavori le trovano nei dati a partire dalle comunicazioni obbligatorie dei lavoratori stagionali (cuochi e aiuto cuochi, camerieri, baristi e bagnini) dal 2019, prima della pandemia, alla fine del 2021 (ultimo periodo di cui si hanno i dati).Il risultato che viene fuori è che la percentuale di assunzioni degli stagionali da maggio 2019 al maggio 2021 resta più o meno la stessa.

Nonostante i piagnistei il numero di assunzioni che vanno in porto sono praticamente rimasti gli stessi e non hanno risentito dell’anno di pandemia.

I lavoratori che escono dal mercato del lavoro e non ricompaiono nelle comunicazioni obbligatorie, al di la di un aumento dell’1,8% nell’estate del 2020, post lockdown), con la ripresa economica tornano in linea ,anzi, leggermente più bassi del periodo pre pandemia.

La prima considerazione è che quelli che prima servivano  tra i tavoli per portarci pizze e fritture di pesce non sono sbivaccati sul divano a fare zapping tv godendosi l’aria condizionata alla faccia del reddito di cittadinanza. Anzi, la realtà è che tanti di loro, tra la crisi dei ristoranti causa Covid e stipendi da fame offerti dai titolari di locali e stabilimenti balneari, alla fine li hanno mandato a quel paese e hanno scelto un altro lavoro, alcuni andando  all’estero, approfittando di restrizioni anti-Covid più leggere e salari più alti.

Sono aumentati dell’1,5% la fetta di quelli che erano stagionali e che dalle comunicazioni hanno cambiato lavoro scegliendone uno più sicuro o pagato meglio, e  seguendo” i percorsi degli ex stagionali, viene fuori che sono andati a fare i commessi nei negozi e i cassieri nei supermercati, o ancora meglio hanno vinto i concorsi pubblici banditi per il personale Ata della scuola, infatti si vede un aumento dei ricollocati come bidelli e altro personale negli istituti scolastici.

Alcuni si sono spostati nel settore agricolo, dove, per via delle frontiere chiuse, causa pandemia, si lamentava la carenza di manodopera per il mancato arrivo dei braccianti stranieri.

Alla faccia dei giovani che non hanno voglia di lavorare; infatti quando si parla di stagionali, si parla soprattutto di loro, il 48,75% ha tra i 15 e i 29 anni, oltre il 72% ha meno di 40 anni.

Nonostante i titoloni contro i giovani stravaccati sui divani, i proprietari di bar e ristoranti non hanno avuto la pur minima decenza di offrire salari più alti per accaparrarsi i lavoratori come accade nel resto del mondo.

La media degli stipendi resta circa 1.000 euro lordi al mese con una leggera crescita di 50 euro lordi al mese circa tra il 2019 e il 2021, un aumento generalizzato, sia tra chi questi lavori li fa come stagionale sia tra chi stagionale non è,  non mi sembra che la categoria degli stagionali abbia beneficiato di particolari aumenti salariali.

Al contrario, si vede una crescita da un anno all’altro di camerieri assunti senza contratto collettivo nazionale, sommando le comunicazioni obbligatorie classificate senza contratto nazionale e quelle con “contratto non presente in elenco”, l’estensione di questa area grigia sale dal 18% al 24% tra il 2019 e il 2021, dato che  dovrebbe far riflettere anche alla luce del dibattito sull’introduzione del salario minimo per tutelare chi al momento resta fuori dallo “scudo” dei Ccnl.

Alfredo Magnifico

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