Il lavoro c’è ma mancano i lavoratori: “Senza copertura il 30% dei posti”

I lavoratori, soprattutto quelli con determinate qualifiche, sono sempre più difficili da trovare.

Nel 2023 le imprese italiane non sono riuscite a reperire il 45,1% della manodopera necessaria, con un aumento del 4,6% rispetto al 2022.

Le cose vanno peggio per le piccole imprese, che nel 2023 hanno avuto difficoltà ad assumere il 48,1% del personale; per gli artigiani la quota di lavoratori introvabili sale al 55,2%.

Gli imprenditori faticano a trovare operai e addetti e sono costretti a sopportare costi derivanti dai lunghi tempi di attesa e dalla mancanza di manodopera.

In particolare sono le aziende a pagare il conto più caro, di oneri altrimenti annullabili, se in presenza di figure professionali preparate e pronte all’assunzione.

Confartigianato nazionale ha realizzato un dossier, «Alla ricerca del lavoro perduto», che fotografa una vera emergenza.

Per gli artigiani la difficoltà a trovare lavoratori qualificati supera di gran lunga i problemi della burocrazia, dell’accesso al credito, della concorrenza sleale.

Motivi di questa situazione? La crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento, il percorso scolastico; il 12% dei candidati disponibili denota una inadeguata preparazione scolastica, mentre quasi il 30% dei posti disponibili trova a fatica, o non trova proprio, chi li occupa.

Ci sono poi i giovani inattivi, quelli non disponibili sul mercato del lavoro per motivi familiari, per scoraggiamento nella ricerca del lavoro, ritardo negli studi universitari, sussidi pubblici, infine c’è il lavoro sommerso.

Cosa fare per colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro?

Bisognerebbe partire dalla scuola, che dovrebbe cominciare ad insegnare la cultura del lavoro, superare la separazione tra formazione umanistica e formazione tecnica per preparare i ragazzi ad affrontare un mondo in continua evoluzione, ripristinare quelle scuole tecniche che insegnano oltre che leggere, scrivere e far di conto anche un mestiere.

Servirebbero, quindi, nuovi percorsi di formazione professionale, ma affinché funzionino davvero e diano risultati, sono necessari il potenziamento della parte di formazione tecnico-pratica, il coinvolgimento diretto degli imprenditori nel ruolo di formatori, ricordo con nostalgia, il centro di formazione professionale del turismo gestito da organizzazioni sindacali e datoriali del Lazio, messo su ad Ostia, che tanti professionisti sfornò negli anni 60-70,  ma per trattenere veramente dipendenti qualificati: tra le  vie più praticate ci dovrebbero essere gli incrementi salariali, la flessibilità e gradi crescenti di autonomia.

Alfredo Magnifico

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