Il libro di Pino Saluppo sui podestà molisani: la storia ma soprattutto l’attualità

Una sala gremita, quella del consiglio comunale di Campobasso. Una sala piena di gente per parlare di un libro, di un libro di storia molisana, quello di Pino Saluppo sulla gestione dei comuni molisani nel periodo fascista. E già questo è un segnale importante. Ma le sorprese non sono finite qui. “I Comuni molisani sotto il simbolo del Littorio” è un libro ben fatto, ricco di fotografie, dalla grafica pulita e moderna. L’editore è la Gazzetta del Molise di Ignazio Annunziata, ed è un altro segnale importante. Un editore che stampa, bene, un libro di storia molisana è un atto di coraggio, di fiducia nel futuro. E poi c’è Pino Saluppo, giornalista, uomo politico nel senso di uomo impegnato nella polis nonché appassionato ricercatore del passato, specie quello, trascurato dai diktat del pensiero dominante, relativo al periodo fascista nel Molise. salupp libr1E poi ci sono stati i relatori, Adalberto Cufari uomo di cultura dall’eloquio forbito ed elegante (nonché maestro lontani anni fa di giornalismo di chi scrive) e Antonio D’Ambrosio, crocevia di tradizioni culturali apparentemente lontane dal tema del libro, nei fatti vivificate dalla cultura, dall’approfondimento, dalla voglia e dalla curiosità di capire cosa accade nel nostro mondo. Insomma un cocktail di suggestioni sorprendenti per un Molise desertificato dalla pochezza quotidiana delle sue elite, dalla mancanza totale di visione , dal continuo tramestio di mandibole che impegna gran parte della pseudo classe dirigente che governa (si fa per dire) questa regione. Un Molise che non ti aspetti. Un Molise in cui il libro, questo sconosciuto, ritorna centrale per dare ad una collettività una sua identità, una sua storia, una sua comune appartenenza. E poi la sorpresa di condividere un comune pensiero: studiando la storia, il passato si può capire il presente, le sue potenziali evoluzioni. Forse la sorpresa più grande. In questa serata di cultura, attraverso il libro di Saluppo si è parlato dell’oggi. La natura originariamente rivoluzionaria del partito fascista nasceva da una condizione economica e sociale insostenibile.

La dominazione dei ceti liberali, spesso massoni, nell’Italia dei primi anni del novecento generava insofferenza, reazione, rabbia. Il movimento fascista intercettò questo mutamento della storia ma poi, istituzionalizzatosi a sua volta, ne fu travolto. I massoni ebbero la meglio, la depredazione delle risorse pubbliche in nome del familismo amorale divenne anche nel Molise salvo lodevoli eccezioni ( Pistilli a Campobasso, Cieri a Termoli) la normalità. E allora non c’è chi in questa sala non ha potuto fare a meno di fare un parallelismo con la situazione attuale. Le elite in grisaglie che impongono governi e governatori, la mancanza di qualsiasi disegno o progetto per la collettività che si rappresenta, l’attacco predonesco e piratesco alle casse pubbliche per se stessi e per i propri familiari. Tutto torna, tutto è ciclico avrebbe detto Giambattista Vico. Il ventennio fascista sappiamo come si concluse, con una delle guerre più devastanti che l’umanità abbia mai conosciuto. Speriamo solo che, questa volta, l’esito non sia il medesimo. (Pietro Colagiovanni)

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