L’esito della tornata elettorale è stato chiarissimo. Vince il Movimento 5 Stelle, regge il centrodestra, si dimezza il PD e scompare la sinistra. Salvo l’affermazione di Luigi De Magistris a Napoli, la sinistra quando va da sola si ferma su percentuali modeste, nel mentre vince in coalizione con un proprio Sindaco a Cagliari, o contribuisce alla vittoria a Milano e in altre città, dove si presenta insieme al PD. Il Movimento 5 Stelle si sostituisce alla sinistra nelle periferie urbane, nei quartieri operai e nelle aree degradate, dividendosi l’elettorato con la destra sociale o con la Lega Nord. Il vento del cambiamento sconfigge il progetto centrista di Matteo Renzi ma non si orienta a sinistra. E’ troppo semplice prendere atto che la fusione a freddo tra Margherita e DS non ha funzionato, e che la ricostituzione di un partito della borghesia, meno popolare dell’immarcescibile DC, non intercetta i voti del ceto medio e delle fasce meno abbienti. E’ evidente che il progetto politico del PD è imploso. La DC organizzava milioni di italiani per il tramite delle Parrocchie, della Coldiretti e del Sindacalismo Cattolico. Il Partito Democratico si è chiuso nelle istituzioni ed ha abbandonato il territorio. Non ha proseguito la tradizione popolare democristiana ed ha rotto con la base sociale del vecchio PCI. Si affida alle battute di un ottimo oratore che si illude di intercettare i consensi con una narrazione fluida e dei guizzi da guascone. La realtà della vita per milioni di italiani non è una favola ma un calvario. E le aspettative, che un numero sempre più esiguo di elettori, affida alla politica, è quella di migliorare le proprie condizioni e intravedere una prospettiva di benessere e di stabilità. Lo scontro che si ripropone è sempre lo stesso e vede contrapposti i pochi detentori della ricchezza che controllano i mass-media e le imprese, contro il 90% del ceto medio, dei lavoratori, dei giovani e dei pensionati. Per migliorare le condizioni di coloro che soffrono servono politiche di sinistra improntate ad una tassazione progressiva, alla lotta all’evasione fiscale, alla redistribuzione delle opportunità, alla parità di accesso ai beni essenziali e alla giustizia sociale. Far pagare le tasse ai ricchi per finanziare lo Stato Sociale, l’istruzione, la sanità e le pensioni. Il centrodestra con in testa Forza Italia da un ventennio si batte per abbassare le tasse ai ricchi tagliando i servizi pubblici e snellendo la pubblica amministrazione. Notoriamente ogni anno su imput di Berlusconi promuoveva un tax day per denunciare il peso fiscale eccessivo. Quest’anno ci ha pensato il PD a organizzare la stessa manifestazione con le stesse parole d’ordine. Ma le scelte di destra di Matteo Renzi non giustificano i mancati consensi ai partiti della sinistra. C’è una fragilità politica della proposta, una frammentazione di forze e un sostanziale scollamento dal territorio che coinvolge anche i movimenti, le associazioni ed i partiti della sinistra. L’elettorato non si recupera con uno slogan indovinato o rimanendo asserragliati nei palazzi rimani. Bisogna tornare nelle periferie e ripartire dalla sofferenza sociale, dal contrasto alla povertà, dal lavoro e dall’impossibilità di curarsi per mancanza di soldi da parte di 11 milioni di italiani come ha certificato l’ISTAT. Chi intende contrastare la destra xenofoba, il movimentismo illusorio, la borghesia dei palazzinari ed il populismo spiccio, ha il dovere di misurarsi ogni giorno con le contraddizioni del nostro tempo, mettendoci la faccia e ascoltando i cittadini. Solo così la sinistra potrà invertire la tendenza e potrà evitare di finire in Italia come è finita ad Isernia con una destra che non si fa mancare nulla in Consiglio Comunale ed un centrosinistra che ha dovuto comprare un binocolo per intravedere uno scranno.
Michele Petraroia