Il Molise, la nuova legge elettorale e le priorità negate

All’indomani della vittoria del ‘No’ al referendum istituzionale, poi passato alle cronache come ‘anti-Renzi’, più o meno tutti i leader nazionali si affannarono a sollecitare una riforma elettorale che sanasse anomalie e incongruenze elettorali tra Camera e Senato; con tempistica inusitata per il Molise, subito dopo si avviò analogo dibattito sul tema regionale. Ad esser più precisi va detto che si ‘riaprì’ il dibattito, stante la presenza nei cassetti della competente Commissione regionale di varie proposte di modifica del sistema elettorale, che s’incrociavano e si distinguevano l’una dall’altra per poche righe di dicitura, generando dispendio di inchiostro e carta altrimenti evitabile. Premesso che il dibattito nazionale è più o meno incagliato, quello molisano ha avuto slancio a fasi alterne. Per mesi si è fatto capire ai più che il vero problema della regione fosse la necessità di dividere il territorio elettorale in uno, due o tre collegi, per dare maggiore rappresentanza ad Isernia e Termoli; fatto che fa capire che l’assenza di vincolo territoriale di mandato, che dovrebbe essere nelle corde dei politici regionali (nel senso che dovrebbero rappresentare tutto il territorio regionale), è stata, è e sarà beatamente ignorata dagli stessi. Ora la discussione si sposta almeno sui due aspetti ‘universali’ (mai termine fu più inappropriato di questo) della riforma elettorale: eliminazione del voto disgiunto e del listino maggioritario. Premesso che sull’argomento vado in parte controcorrente (sono favorevole al mantenimento del voto disgiunto, come scelta di libertà, mentre ritengo il listino un’aberrazione elettorale), mi chiedo perché mai sia stata spesa tanta foga (e, soprattutto, per tanto tempo) per questi argomenti, che adesso tornano in cronaca politica , in una regione che sconta una serie impressionante di problemi irrisolti, di fronte ai quali la classe politica è rimasta finora a bocca aperta, come se si trattasse della decrittazione del quadrato palindromo del Sator. Farò per una volta il moralista: mi ritengo, da molisano, personalmente offeso dalla sufficienza con la quale la classe politica divide il suo impegno e stabilisce le priorità; ma nello stesso tempo in cui l’affermo, tolgo alla frase qualunque espressione di meraviglia verso un comportamento che è diventato triste consuetudine locale.
Stefano Manocchio

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