Diritto d’autore. Modificare e vendere console per videogames configura reato

Con Sentenza n.° 21621 del 25 maggio 2015 la Corte di Cassazione ha precisato che configura reato la modifica delle console (playstation, nintendo, ecc…) diretta a consentire la lettura di supporti che contengono videogiochi “copiati” (non originali).
In particolare detta condotta rientrerebbe nell’alveo dell’art. 171-ter, comma 1, lett. F) bis della legge 633/1941 che tutela il diritto d’autore.
Secondo la Cassazione le console, anche se hanno funzioni aggiuntive (collegamento ad internet, ascolto di musica, ecc.), conservano comunque la loro funzione principale di lettori di video-games.

Atteso ciò, il commerciante che apporta modifiche dirette all’elusione delle misure di protezione (apposte su materiali od opere protette) al fine di consentire che le console possano utilizzare anche programmi non originali – cd. “piratati”, viola inevitabilmente la normativa sul diritto d’autore.
Nel caso in esame il commerciante distribuiva, vendeva e deteneva per scopi commerciali alcune console modificate, aventi la finalità di eludere le misure di protezione previste dalla legge (art. 102-quater, l. 633/1941).
L’imputato veniva condannato in primo e secondo grado, quindi proponeva ricorso per Cassazione sostenendo che le modifiche non erano dirette all’utilizzo dei videogiochi pirata ma a sfruttare al meglio tutte le potenzialità della console, che in realtà sono ulteriori e aggiuntive rispetto a quelle con cui vengono distribuite sul mercato.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e ha condannato il commerciante, stabilendo che l’art. 171-ter, comma 1, lett. F) bis punisce tutte le alterazioni apportate agli apparati (per lo più mediante l’introduzione di un microchip al loro interno) col fine di accedere alla fruibilità di prodotti protetti. L’adozione delle cd. “misure tecnologiche di protezione (o MTP)”, è prevista dall’art. 102-quater che, contestualmente, vieta le condotte che ne eliminano/eludono l’efficacia e consentono l’utilizzo abusivo delle opere e la violazione del predetto divieto, presidiato penalmente dal citato art. 171-ter.
Una precisazione va fatta. Il reato si configura quando la modifica viene eseguita a scopo di lucro, altrimenti l’operazione può essere considerata lecita. L’art. 71-sexies della legge 633/1941, infatti, autorizza l’acquirente di fonogramma o videogramma a fare una copia dello stesso “per uso esclusivamente personale”, mentre vieta la prestazione di servizi finalizzati alla riproduzione di tali prodotti se effettuata a scopo di lucro o per fini direttamente o indirettamente commerciali.
Avv. Silvio Tolesino

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