COVID-19: nessun aumento di rischio per chi usa ACE-inibitori e sartani farmaci largamente impiegati contro l’ipertensione

I pazienti cardiaci trattati con ACE-inibitori o ARB (sartani), non presentano un maggiore
rischio di gravità o di morte a causa dell’infezione da COVID-19. È il risultato di uno studio scientifico portato avanti dalla Collaborazione CORIST, coordinata dall’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), e pubblicato sulla rivista internazionale Vascular Pharmacology.

I dati emersi dallo studio contribuiscono a fare chiarezza su un dubbio emerso nel primo periodo della pandemia. Il virus SARS-CoV-2, infatti, riesce a penetrare nelle cellule usando come porta di ingresso un particolare recettore, ACE2. Ma proprio questo recettore è un importante elemento nel sistema renina-angiotensina-aldosterone, un meccanismo che regola le funzioni vascolari e cardiache e sul quale intervengono i farmaci ACE-inibitori e ARB, impiegati per il controllo dell’ipertensione e dell’insufficienza cardiaca. Poiché l’uso di questi farmaci può causare un aumento dei recettori ACE2 sulla superficie cellulare, il timore era che ciò potesse favorire la gravità della patologia COVID-19. Ciò aveva anche portato alcuni pazienti a sospendere le terapie.

“La ricerca a livello internazionale – dice Augusto Di Castelnuovo, epidemiologo del
Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione del Neuromed, attualmente presso Mediterranea Cardiocentro di Napoli – si era attivata rapidamente per risolvere questo problema. La possibilità che tali farmaci potessero aggravare il COVID-19 aveva una sua plausibilità, ma sospendere una terapia fondamentale come quella antipertensiva o per l’insufficienza cardiaca significava anche esporre i pazienti al rischio di complicanze cardiovascolari. Ora la Collaborazione CORIST aggiunge un importante tassello nel chiarire che le terapie con ACE-inibitori e ARB non aumentano il rischio di avere una forma più grave di COVID-19, e quindi non vanno sospese”.


Lo studio ha riguardato 4,069 pazienti (metà dei quali ipertesi) ricoverati per COVID-19 nei 34 Centri partecipanti. Quelli che assumevano uno dei due farmaci in questione non hanno avuto mediamente un decorso clinico dell’infezione peggiore rispetto agli altri

“Oltre allo studio dei pazienti ricoverati nei centri della collaborazione CORIST – dichiara Simona Costanzo, ricercatrice del Dipartimento – abbiamo anche effettuato a Neuromed, e pubblicato nell’ambito del lavoro apparso su Vascular Pharmacology, una metanalisi (un metodo statistico per aggregare risultati di diversi studi scientifici) su altre 19 ricerche pubblicate a livello internazionale. In questo modo abbiamo potuto analizzare i dati di oltre 29.000 pazienti colpiti da COVID-19 e i risultati hanno confermato che non si evidenzia alcun aumento del rischio di patologia grave in chi faceva uso di ACE-inibitori o ARB”.

“CORIST – commenta Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione di Neuromed e professore ordinario di Igiene e Sanità Pubblica all’Università dell’Insubria a Varese

La Collaborazione CORIST
CORIST (COvid-19 RISk and Treatments) è una collaborazione che ha visto la partecipazione di
33 centri clinici italiani impegnati nella raccolta e nello studio dei dati relativi ai pazienti COVID

L’IRCCS Neuromed
L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS)
rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia
nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Un centro in cui i medici, i ricercatori,
il personale e gli stessi pazienti formano una alleanza rivolta a garantire il miglior livello di
assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.

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