Varie ed eventuali/Perchè l’Italia è un paese fallito

Pietro Colagiovanni
Chi mi segue da queste colonne si sarà accorto che non ho un grande apprezzamento
per lo Stato italiano, inteso come sistema pubblico di convivenza e quindi includendo
ogni sua articolazione sia territoriale (Regioni, Comuni etc) sia funzionale (Enti,
Fondazioni, società statali, a prevalenza statali etc). Lo ritengo uno Stato fallito, ma
non solo come invettiva personale (che pure ci sta) ma in senso tecnico, uno Stato
fallito dal punto di vista economico e operativo. Se lo Stato italiano fosse un’azienda
avrebbe dovuto portare i libri in Tribunale decenni orsono e le speranze dei creditori di
riavere qualche soldo sarebbero davvero misere. Siccome però lo Stato italiano opera
in regime di monopolio (il potere pubblico è esercitato solo dallo Stato medesimo) la
situazione fallimentare si protrae senza soluzione di continuità, a nulla rilevando il
colore o la natura dei governi di volta in
volta in carica. Voglio adesso spiegare in modo un po’più tecnico questa mia profonda
convinzione.
Partiamo da come lo Stato si rifornisce di risorse, ossia con le tasse. Non è l’unico modo
ma è quello principale, quello che riguarda tutti i cittadini italiani e da cui non ci si può
sottrarre. Molti pensano che si pagano le tasse solo con le dichiarazioni dei redditi o
con il 730 o con le ritenute sulla busta paga. No, quella è una fetta importante di
contribuzione ma non è quella prevalente. Il cittadino italiano paga tasse allo Stato ogni
giorno e basta che respiri (ma a volte anche da morti le tasse colpiscono il defunto e i
suoi eredi) per dover contribuire obbligatoriamente alle spese dello Stato.
L’esempio più semplice è l’Iva. La paghi sempre, quando vai al supermercato, a fare
benzina, quando accendi la luce, quando fai un viaggio, quando vai al cinema, al
ristorante, quando fai qualche acquisto, quando telefoni…è l’imposta universale sulla
tua vita. Ma l’Iva non è da sola. Ce ne sono miriadi di tasse che ti colpiscono ogni
giorno: imposte di bollo, di registro, tassa di soggiorno, tasse sulla scuola, ticket per la
sanità, canone per vedere la televisione, tasse sulla benzina diverse dall’Iva (accise),
tasse sulle bollette, tasse sui risparmi, tasse praticamente su tutto: potrei continuare a
lungo, forse per un anno di questa rubrica. Ho fatto spannometricamente dei calcoli e,
secondo
me, un cittadino italiano medio versa allo Stato non meno di 20.000 euro l’anno, tra
imposte personali e tutto il resto. Bene. Cosa se ne fa lo Stato di queste somme così
ingenti? Il compito principale dello Stato è quello di raccogliere queste risorse
per offrire servizi pubblici alla popolazione pagante, in primis sicurezza sociale,
giustizia, sanità, collegamenti, sostegno ai più bisognosi e via seguitando. Ed è qui che
scatta il punto del fallimento. Lo Stato italiano acquisisce ogni giorno miliardi di euro
ma eroga servizi scadenti, di valore assolutamente al di sotto di quanto incassato. Ho
fatto un calcolo spannometrico ma non credo lontano dalla realtà. Per ogni 100 euro
incassati il valore reale dei servizi erogati dallo Stato ai cittadini non supera i 25 euro.
E gli altri 75?
Si perdono nella filiera di coloro che per conto dello Stato erogano i servizi e gestiscono
i soldi dei cittadini: politici, dirigenti funzionari e dipendenti pubblici (non tutti per
carità ma una parte si), aziende appaltatrici, privati che riescono ad accaparrarsi risorse
pubbliche senza dare l’equivalente in servizi ai cittadini. Una marea di gente che pesca
nel vorticoso fiume dei soldi pubblici sino quasi a prosciugarlo. E quello che resta sono
i servizi scadenti che lo Stato offre ai propri cittadini: una sanità spesso penosa, strade
e ponti che crollano, giustizia pessima, spesso ingiusta e comunque lentissima, scuole
non sicure e non a norma, istruzione carente, imprese private ostacolate e vessate
anziché essere supportate. Il tipico affresco di uno Stato fallito. Per chiudere con un
esempio che fotografa questa deprimente condizione italica. L’italiano è obbligato ad
acquistare il pane ogni
giorno da un solo panificio. Ed ogni giorno deve sborsare 15 euro. In cambio il fornaio,
ossia lo Stato italiano, lo fa aspettare, lo serve in modo scortese e alla fine gli consegna
mezzo chilo di pane scadente, vecchio di giorni e confezionato con farine di scarsa
qualità. Se fosse possibile un panificio così lo cambiereste o no?

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