Aumenta il Pil, aumenta il lavoro: ecco la ripresa … per i fondelli

La propaganda di regime che opera in Italia ogni giorno di più sorprende, per la sua spudoratezza e per la sua pervasività. Nella giornata del primo marzo il coro unanime di televisioni, giornaloni e giornalini hanno riportato la trionfale notizia dell’aumento di posti di lavoro stabili in Italia. Il tutto abbinato ad un aumento dello 0,8% del Pil italiano. Inoltre (al solito come prima e definitiva notizia su Repubblica.it) hanno accompagnato i dati con i commenti-tweet entusiastici del premier cazzaro Renzo Renzi. Nessuno però ha analizzato il fenomeno futurista del moltiplicarsi di lavoro e Pil con la lente e con gli strumenti di lavoro di un qualsiasi consulente fiscale di borgata. Rientrando in questa seconda categoria ci prova il sottoscritto, pur sapendo che la macchina propagandistica italiana è talmente forte che crea la verità a prescindere dai fatti. Partiamo dal Pil, perché è molto semplice. Il prezzo del petrolio è crollato di un fattore 3 nell’ultimo anno. Fattore tre significa che se prima stava a 100 il barile del petrolio oggi sta a 300. Che è poi la realtà dei fatti e le cifre coincidono con la realtà. L’Italia non produce petrolio, se non marginalmente, e lo compra dall’estero. Precisiamo che lo stesso vale per il gas naturale, le cui quotazioni sono agganciate a quelle del petrolio. Ebbene nel 2013 l’Italia spese oltre 50 miliardi di euro per approvvigionarsi di energia. Nel 2015 siamo scesi a 34 miliardi di euro. Nel solo 2015 quindi l’Italia ha risparmiato 20 miliardi di euro di costi, quindi. E il Pil sale dello 0,8%? E siamo pure trionfanti? Ma vattenne!, diremmo dalle nostre parti. Andiamo adesso alla questione lavoro. Boom dei lavori stabili, tuonano i media di regime. Meraviglioso jobs act, le chiacchiere stanno a zero, ai gufi ci pensa il Wwf, tronitrua il premier cazzaro. Poi, tra i pochi che danno i dati di dettaglio, ti accorgi di come qualcosa non quadra. Innanzitutto il tasso di disoccupazione resta lo stesso, 11,5%. Poi aumenta la disoccupazione giovanile, oltre il 39%. E allora dove sta sto boom di occupazione? Siccome la matematica e la statistica sono scienze esatte, si scopre che l’aumento dei posti di lavoro riguarda gli ultra cinquantenni. L’Italia riscopre l’esperienza dei lavoratori maturi, cerca di spiegare qualche telegiornale meno svergognato. Gli altri non lo dicono proprio.

Qual’è la verità? Semplice. Le aziende che assumono un ultracinquantenne, anche a tempo determinato (ed è l’unico caso) hanno delle possenti agevolazioni contributive (taglio del 50% dei contributi). Mentre quelle del jobs act (che riguardavamno anche i giovani) dal primo gennaio si sono drasticamente ridotte. Quindi assumere un ultracinquantenne conviene. In alcuni caso, vista anche la tracciabilità elevata a 3000 euro le buste paga sono solo fittizie e servono per far raggiungere i requisiti pensionistici a parenti e amici del titolare aziendale. Nel caso in cui sono vere i giovani si attaccano al tram e gli anziani sono preferiti per motivi puramente fiscali ed economici. Va precisato come l’agevolazione fu introdotto da Lachrima Christi Fornero, per tamponare la macelleria sociale degli esodati. E quindi siamo di fronte non ad una sana ripresa dell’occupazione ma alla solita, italianissima, ripresa per il culo. (Pietro Colagiovanni)

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