L’intervento/L’inefficienza della P.A. penalizza le imprese italiane di 109 miliardi l’anno

La Cgia di Mestre presenta il conto all’inefficienza dello stato, analizza i costi che pesano annualmente sulle imprese a causa della complessità burocratica generata da una macchina statale spesso inefficiente (57,2 miliardi di euro) e li addiziona ai mancati pagamenti, di parte corrente, che la Pubblica amministrazione ha nei confronti dei propri fornitori (51,9 miliardi di euro),nonostante la sentenza di condanna inflitta dalla Corte di Giustizia Europea nel gennaio del 2020, la P.A. continua a onorare con difficoltà i debiti commerciali ,solo l’anno scorso, i mancati pagamenti nei confronti delle imprese che hanno lavorato per lo Stato ammontano a 10 miliardi di euro.

La Cgia riconosce nella macchina pubblica, punte di eccellenza, da far invidia al resto d’Europa, ma la nostra P.A. funziona poco, male ed è un freno allo sviluppo, nel Regional competitiveness index (Rci), in Europa le regioni italiane si posizionano tutte oltre il 200esimo posto in graduatoria su 268 territori monitorati.

L’esito così negativo emerge dall’ultima indagine effettuata nel 2019 dal Parlamento Europeo che evidenzia, come la complessità delle procedure amministrative in capo alle aziende costituisce un problema per quasi 9 imprenditori italiani su 10, nessun altro paese dell’Area dell’Euro ha registrato un risultato peggiore del nostro, rispetto alla media dei 19 Paesi monitorati, l’Italia sconta un differenziale di ben 18 punti percentuali in più.

Il coacervo di norme, regolamenti e disposizioni presenti in tutti i settori continua ad ingessare il Paese, rendendo la vita impossibile a coloro che vogliono fare impresa, mai come in questo momento, oltre a riformare la nostra Amministrazione statale sarebbe necessario semplificare il quadro normativo, riducendo il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, ricorrendo a testi unici ed evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, certezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi,  questo darebbe un forte impulso alla produttività del personale pubblico, spesso costretto a sottostare a procedure organizzative rigide e insensate che disincentivano la voglia di fare, inoltre, è necessario accelerare il processo di digitalizzazione di tutti i soggetti pubblici, imponendo il dialogo tra le loro banche dati per evitare la duplicazione delle richieste che periodicamente travolgono cittadini e imprenditori ogni qual volta si interfacciano con un ufficio pubblico.

In questo anno e mezzo di pandemia, l’iper produttività legislativa della macchina burocratica statale ha gettato nella confusione più completa famiglie e imprese.

La P.A. si comporta in maniera bifronte: irremovibile quando impone misure di limitazione a mobilità e chiusure delle attività economiche, in affanno e spaventosamente impreparata quando deve riorganizzare i propri servizi per fronteggiare la diffusione del virus.

Una legge snella e semplice dovrebbe stabilire che un’impresa privata che ha un credito commerciale scaduto con una P.A. possa compensare in misura secca, diretta e universale con i debiti fiscali e contributivi nei confronti del fisco e dell’Inps/Inail, grazie a questo automatismo si risolverebbe un problema che ci trasciniamo da anni,  questo meccanismo metterebbe in ‘conflitto’ le amministrazioni pubbliche tra loro, facendo finalmente emergere le realtà che intenzionalmente continuano a non saldare i fornitori entro i termini di legge.

Alfredo Magnifico

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