Disuguaglianze in crescita in Italia e nel mondo

L’Italia dei 5,6 milioni di italiani in povertà assoluta, dei 6,3 milioni di dipendenti privati con salari erosi dall’inflazione, dei “lavoratori poveri” che superano il 13% della forza lavoro di riferimento, c’è chi invece se la spassa.

Dal nuovo rapporto pubblicato da Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos emerge che ”La disuguaglianza non conosce crisi”. per la prima volta in 25 anni aumentano, contemporaneamente, estrema ricchezza ed estrema povertà. Nonostante il tracollo dei mercati azionari nel 2022, le fortune dei miliardari sono aumentate al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno, dopo un decennio che ha visto raddoppiare il numero dei paperoni e i loro patrimoni. 

1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820 milioni di persone, circa 1 persona su 10, soffre la fame, secondo la Banca Mondiale, stiamo assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra.

Secondo Oxfam, nel biennio 2020-21  l’1% più ricco ha visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26 mila miliardi di dollari, accaparrandosi il 63% dell’incremento della ricchezza netta globale (42mila miliardi di dollari), il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale, battuto il record del decennio 2012-2021, in cui il top-1% aveva beneficiato di poco più della metà (il 54%) dell’incremento della ricchezza planetaria.

In Italia, i divari crescono a dismisura, tra il 2020 e il 2021, cresce la concentrazione della ricchezza: la quota detenuta dal 10% più ricco degli italiani (6 volte quanto posseduto alla metà più povera della popolazione) è aumentata di 1,3 punti percentuali su base annua a fronte di una sostanziale stabilità della quota del 20% più povero e di un calo delle quote di ricchezza degli altri decili della popolazione. 

La ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%). I super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (lo 0,134% degli italiani) erano titolari, a fine 2021, di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri. 

Cresce nel 2020 la disuguaglianza dei redditi netti, per cui l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi nell’Ue.

La povertà assoluta, stabile nel 2021 dopo un balzo significativo nel 2020, interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960 mila in termini assoluti) e il 9,4% di individui (5,6 milioni di persone), fenomeno allarmante che ha visto raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantire uno standard di vita minimamente accettabile e che oggi vede quelle più povere maggiormente esposte all’aumento dei prezzi, in primis per beni alimentari ed energetici.  “L’aumento dell’incidenza della povertà è stato attenuato, nell’emergenza, dagli interventi pubblici di supporto alle famiglie, ma le prospettive di arretramento sono forti alla luce dei fattori correnti di rischio per l’economia italiana come gli impatti del conflitto russo-ucraino e la crescita dell’inflazione.

Pandemia prima, guerra poi e inflazione infine stanno esacerbando la vita quotidiana.

La gente comune fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, crisi dopo crisi i divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali.

A fronte di un 2022 nero, il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, non resta scalfito, anzi è favorito da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato le posizioni di privilegio.

Invece di porre fine a iniqui trattamenti fiscali differenziati tra i contribuenti, si rafforzano regimi come la flat-tax per le partite IVA. Invece di puntare a un contrasto senza quartiere all’evasione fiscale, ci si prodiga in interventi condonistici che sviliscono la fedeltà fiscale e incentivano comportamenti opportunistici.

Dal governo mancano misure sufficienti per evitare l’allargamento di questo divario;

•         Il dilagare del lavoro povero rappresenta una caratteristica strutturale del mercato italiano.

•         Il governo allarga le maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi di flessibilizzazione, piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori.

•         La previsione di un salario minimo non è all’ordine del giorno

•         gli incentivi all’occupazione non sono valutati sotto la lente della qualità e sostenibilità dell’occupazione promossa, lasciando il ruolo per lo sviluppo di una buona occupazione alle convenienze economiche e fiscali delle imprese.

La riduzione delle disuguaglianze rappresenta una questione cui nessun governo ha finora attribuito centralità d’azione

Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze.

Le misure di sostegno alle famiglie devono proseguire ed essere indirizzate meglio verso le famiglie in condizioni di maggior bisogno.

Stimolare nuovi accordi tra le parti sociali volti a ridefinire sistemi più efficaci di indicizzazione dei salari ai prezzi, per fornire protezione adeguata ai gruppi sociali meno abbienti e alle forme di lavoro meno tutelate in settori a bassa retribuzione;

È indispensabile abbandonare il regime transitorio del Reddito di Cittadinanza per il 2023, riformando l’unica misura strutturale di contrasto alla povertà di cui disponiamo.

Potenziare la tassa sugli extraprofitti a carico degli operatori del comparto energetico fossile, aumentando l’aliquota dal 50% all’80% ed estendendo la misura ai settori farmaceutico ed assicurativo,

Rafforzare la funzione redistributiva della leva fiscale, aumentando la contribuzione a carico dei più ricchi;

Favorire la ricomposizione del prelievo spostando la tassazione dal lavoro a rendite, profitti e interessi;

Abbandonare il ricorso a trattamenti fiscali differenziati tra contribuenti in condizioni economiche affini.

Disincentivare l’utilizzo di contratti non standard, estendendo l’uso dei principali contratti collettivi nazionali,

Limitare l’esternalizzazione del lavoro e prevedere una drastica riduzione delle forme contrattuali a tempo determinato;

Estendere erga omnes l’efficacia dei principali contratti collettivi nazionali.

Introdurre un salario minimo legale;

Vincolare gli incentivi all’occupazione alla qualità e sostenibilità dei posti di lavoro creati. 

Alfredo Magnifico

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