Crolla il fatturato delle piccole imprese nel 2020, Boom per i giganti del web

I dati della Cgia di Mestre riportano che a causa della Pandemia il volume di affari delle pmi è crollato del 13,5%, la cifra far tremare i polsi: 420 miliardi di euro, la perdita di fatturato registrata quest’anno dalle piccole imprese, mentre nel primo semestre il fatturato dei giganti digitali è aumentato del 17%, vero e proprio boom.

Il governo ha stanziato 29 miliardi di aiut, a imprese colpite da pandemia, ciò vuol dire che, se il fatturato totale delle imprese in Italia è pari a 3.100 miliardi di euro, a fronte di un crollo del fatturato del sistema economico di circa 420 miliardi di euro, il tasso di copertura ha sfiorato il 7%, insignificante, sebbene in termini assoluti l’importo complessivo delle misure messe in campo a sostegno delle attività economiche abbia la dimensione di una Finanziaria.

Alle Pmi che hanno subito i contraccolpi più negativi della crisi, cioè quelle che hanno chiuso per decreto, i ristori erogati dal governo hanno coperto il 25% circa del calo del fatturato. Le misure di sostegno al reddito approvate da Conte sono andate in larghissima parte ad attività che hanno registrato un crollo del giro di affari di almeno il 33% rispetto al 2019, per queste realtà gli aiuti economici risultano insufficienti.

La Cgia elenca le aree economiche maggiormente colpite da crisi; alberghi, ristoranti, bar, pasticcerie e tutte le attività che ruotano attorno al settore del turismo, la filiera trasporto persone (taxi, ncc, bus operator); la filiera eventi (congressi, matrimoni, cerimonie, etc.);gli ambulanti, con posteggi presso le aree interessate da eventi, stadi (i cosiddetti “fieristi”); la filiera sport, tempo libero, intrattenimento, discoteche, parchi divertimento e tematici (incluse le attività dello spettacolo viaggiante),la filiera attività culturali e spettacolo; il commercio al dettaglio, in particolar modo abbigliamento, calzature, libri e articoli di cartoleria; gli agenti di commercio.

A livello territoriale, la crisi ha colpito indistintamente tutti, anche se è il Mezzogiorno che sta subendo di più gli effetti negativi della pandemia, sia dal punto di vista economico che sociale. Tuttavia, c’è un denominatore comune che emerge lungo tutto lo stivale:

La crisi delle città d’arte ad alta vocazione turistica è equamente distribuita in tutta la penisola; Venezia, Firenze, Pisa, Roma, Verona, Milano, Matera, Padova, Siracusa, Napoli, Cagliari, Genova, Palermo, Torino e Bari sono alcuni dei Comuni individuati dal “decreto Agosto” che hanno subito un crollo verticale delle presenze turistiche straniere, le attività ubicate in queste città sono risultate essere le più in affanno e probabilmente continueranno ad esserlo anche nel 2021 ,non si capisce come mai se il turismo è la prima industria del Paese ed è anche il settore che più di tutti gli altri ha subito gli effetti negativi del Covid, dalle bozze del ‘Recovery Plan’ si evince che il Governo investirà solo 3,1 miliardi dei 209 messi a disposizione da Bruxelles con il Next Generation Eu?

Il Governo ha messo a disposizione delle imprese 29,1 miliardi di euro, scartando le misure che sono state introdotte a sostegno della liquidità e agli effetti dovuti allo slittamento di alcune scadenze fiscali quest’anno, la voce più importante; i contributi a fondo perduto 11,3 miliardi di euro, 7,9 miliardi per la cancellazione del saldo 2019 e dell’acconto 2020 dell’Irap che ha consentito uno sgravio di 3,9 miliardi, mentre le agevolazioni fiscali per sanificazioni e canoni di locazione hanno permesso un risparmio pari a 5,1 miliardi, mentre la cancellazione dell’Imu e della Tosap/Cosap ha garantito una riduzione della tassazione locale pari a 802 milioni di euro.

In merito alle misure a sostegno delle attività costrette a chiudere completamente o parzialmente,

Stato e Regioni, in merito alle misure a sostegno delle attività costrette a chiudere completamente o parzialmente hanno il diritto/dovere di predisporre tutte le restrizioni che ritengono utili per tutelare la salute pubblica, ma è evidente che a fronte di provvedimenti che impongono la chiusura delle attività economiche, queste ultime devono essere aiutate economicamente in misura maggiore di quanto è stato fatto fino ad ora, questa ulteriore spesa corrente contribuirebbe ad aumentare il debito pubblico, ma è altrettanto vero che se non salviamo le imprese e i posti di lavoro, non gettiamo le basi per far ripartire la crescita economica, unica condizione in grado di ridurre nei prossimi anni la mole di debito pubblico che sta minando il futuro del nostro Paese.

Alle attività chiuse per decreto non sono sufficienti semplici ristori, ma è necessario uno stanziamento che compensi quasi totalmente sia i mancati incassi sia le spese correnti che continuano a sostenere, insomma, bisogna passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi.

Lo stesso trattamento va riservato a quei comparti che seppur in attività è come se non lo fossero. imprese commerciali ed artigianali ubicate nelle cosiddette città d’arte che, hanno subito un tracollo delle presenze turistiche straniere. Particolare attenzione merita il trasporto pubblico locale non di linea (bus operator, autonoleggio con conducente e taxi) che sebbene siano sempre stati in servizio continuano ad avere i mezzi fermi nelle rimesse o nei posteggi.

Alfredo Magnifico

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