Teatro/ Al Savoia Emilio Solfrizzi è “Il malato immaginario”

Riceviamo e pubblichiamo

Nel quattrocentesimo anniversario della nascita di Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, il Teatro Savoia di Campobasso accoglie domenica 6 novembre alle ore 18,30 il suo Malato immaginario, testo scritto dal commediografo francese per se stesso quale attore e interpretato sul palcoscenico fino agli ultimi istanti di vita. Una produzione targata Compagnia Molière La Contrada – Teatro Stabile di Trieste, in collaborazione con Teatro Quirino – Vittorio Gassman, per la regia di Guglielmo Ferro, con Emilio Solfrizzi sul palco nei panni di Argante, insieme a Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile, Viviana Altieri, Cristiano Dessì, Cecilia D’amico, Luca Massaro e Rosario Coppolino.

Ridicolmente ipocondriaco, più timoroso di vivere che di morire, Argante si circonda di medici inetti e furbi farmacisti ben contenti di alimentarne le fobie per il proprio tornaconto personale. Una grande prova d’attore per Emilio Solfrizzi che restituisce con maestria le molteplici sfaccettature di un personaggio comico e malinconico allo stesso tempo. Un capolavoro della letteratura mondiale che esalta la vita e le sue assurdità.

“Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà – scrive il regista Guglielmo Ferro nelle sue note di regia – fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”. Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti.  La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Moliere lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza. La comicità di cui è intriso il capolavoro di Moliere viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti. Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Moliere, come tutti i giganti, con geniale intuizione – conclue Ferro –  anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui”.

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