Si entra nel vivo dell’iter per la quotazione. Poste non sia svenduta solo per un “valore simbolico”

Nella prima settimana di agosto inizia il percorso di collocamento per arrivare, alla fine di ottobre, allo sbarco in Borsa delle azioni. Per i funzionari del Governo “Poste Italiane è un buon biglietto da visita per l’Italia”, rilevando che l’apertura del capitale di società pubbliche come Poste significa “renderla più forte e competitiva”. Con l’accelerazione sull’operazione di Poste si rimette così in moto il cantiere privatizzazioni del Governo, che si era prefissato l’obiettivo di racimolare alcuni miliardi da destinare all’alleggerimento del debito. Alla Cisl Poste, invece, sembra che la motivazione addotta di privatizzare Poste Italiane per “ridurre il debito pubblico” sia semplicemente ridicola: la vendita del 40% di Poste Italiane frutterebbe solo 4 miliardi d’incasso, in altre parole andrebbe a ridurre il debito pubblico dagli attuali 2.089 a 2.085 miliardi di euro. Come dire… una goccia in mezzo al mare!
L’operazione, sempre secondo i nostri funzionari, avrebbe anche un “valore simbolico” in un momento in cui l’Italia comincia a mostrare i primi segnali di uscita dalla recessione.  A noi sembra piuttosto che la privatizzazione delle Poste da parte del Governo non sia un’iniziativa di risanamento della finanza pubblica e di sviluppo, mediante l’a-pertura al mercato, ma una svendita dell’argenteria di famiglia, rivolta all’intreccio di potere fra partiti al governo e clientele politiche.  Non vorremo pensare che Poste sia svenduta solo per un “valore simbolico”.  Non vorremo pensare che Poste, debba avere lo stesso destino di altre grandi aziende italiane privatizzate, spolpate, riempite di debiti e poi lasciate al loro destino.  Leggere sempre più spesso, secondo fonti di stampa, che il nuovo A.D. trova resistenze da parte dei sindacati al cambiamento, ci induce a pensare che l’Ing. Caio non sia sufficientemente a conoscenza della storia di Poste. O forse – come diceva uno statista – a “pensare male ci si azzecca”; la privatizzazione ha solo lo scopo di regalare un servizio pubblico redditizio ai grandi interessi speculativi e finanziari?
Ci piace ricordare che l’unica azienda di Stato che non produce perdite economiche è Poste Italiane!  Ci piace ricordare che lo Stato, grazie a Poste, in questi anni ha ricavato, tramite i dividenti, cospicui denari.
Forse è il caso di ripetere all’Ing. Caio che i lavoratori hanno contribuito a tutto questo, hanno contribuito al cambiamento e all’innovazione, quando ancora altri arrancavano.  L’attivo di bilancio è anche frutto dei lavoratori e del sindacato che ci hanno creduto.  Il governo si appresta alla cessione di un’azienda che da anni è in attivo considerevole; pertanto, è lecito chiedersi da dove nasca la necessità di tale intervento e: qual è il vero obiettivo?  Sicuramente nel lungo cammino abbiamo commesso degli errori, ma il qualunquismo non ci appartiene. Forse è il caso che ognuno si assuma le proprie responsabilità e gradiremmo che il giudizio sui sindacati fosse espresso dal lavoratore che vive nei posti di lavoro e sa ben distinguere.  Altrimenti, ci sorge un dubbio: forse si vuole eliminare il sindacato in Poste (l’80% dei dipendenti è iscritto alle organizzazioni sindacali di cui il 53% alla Cisl) perché troppo ingombrante per disegni oscuri?  Eravamo oltre 200.000 dipendenti, oggi siamo143.000. Di fronte a quello che si configura come l’ennesimo saccheggio di un patrimonio collettivo, permetteteci di far esprimere a chi rappresenta – come la Cisl – la stragrande maggioranza dei lavo-ratori alcune perplessità e delle preoccupazioni per un futuro che ci appare incerto.
Poste Italiane si appresta ad abbandonare la sua vocazione originaria a favore del profitto, avvantaggiando i servizi finanziari a scapito degli altri servizi tradizionali di BancoPosta e di recapito.  La Cisl Poste non è un sindacato conservatore, anzi, ha sollecitato sempre gli opportuni accorgimenti per riuscire a competere nei mercati, a credere nello sviluppo e soprattutto ha sempre cercato di salvaguardare i posti di lavoro. Anche questo è negativo?  Davanti alla sfida della privatizzazione e della quotazione delle Poste, la Cisl crede che la partecipazione sia l’elemento vincente non solo per assicurare un futuro di sviluppo competitivo e di qualità all’azienda, ma anche per consentire la digitalizzazione del paese.
Il nostro sindacato è sempre stato determinante e lungimirante ed ha il dovere di farlo anche in questa stagione di grandi trasformazioni. Se ognuno si assumesse le proprie responsabilità e rispettasse i ruoli, le opinioni, il lavoro ed anche i numeri, allora forse potremmo davvero contribuire a favorire un clima aziendale più sereno per conquistare nuovi traguardi. Utopie?
La Cisl è dalla parte del FARE e poco incline alle chiacchiere di corridoio che rappresentano un ostacolo all’interesse dei lavoratori. Ognuno faccia la propria parte se si vuole bene all’azienda e ai lavoratori, ma ci piacerebbe che l’argenteria di famiglia rimanesse a casa nostra o, a male estremi, quantomeno (se decisa la privatizzazione) vorremmo proporre nuovi modelli di PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI. Anche questo è un modo nuovo di tutelare!

Il Segretario Regionale Cisl poste
Antonio D’Alessandro

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