Sconfitto il lavoro, scompare la sinistra. Si riprenda il monito di Antonio Gramsci ei si riparta dall’inizio

La sinistra ha senso se è capace di rappresentare il lavoro, le periferie, gli ultimi, le fasce popolari meno abbienti e quella parte di cittadini che si riconosce nei valori costituzionali dell’antifascismo, del rispetto dello Stato e delle Istituzioni democratiche, della pratica dei propri doveri a cominciare dal pagare le imposte per una fiscalità generale progressiva, della legalità assicurata dall’autonomia della Magistratura e dal ruolo di prevenzione e controllo esercitato dalle Forze dell’Ordine, della giustizia sociale, della coesione solidale, della libertà di pensiero e dell’uguaglianza nell’accesso ai diritti universali di cittadinanza. Il compromesso sociale raggiunto nel rapporto tra lavoro e capitale è saltato insieme al crollo del Muro di Berlino. Nei Paesi più sviluppati non c’è stato più bisogno di mediare coi lavoratori attraverso concessioni contrattuali, aumenti salariali e tutele garantite dallo Stato attraverso la fiscalità generale in materia di istruzione, sanità, previdenza e welfare-state. Le Imprese attraverso la finanziarizzazione dell’economia hanno concentrato il controllo dei grandi gruppi industriali, bancari e assicurativi, in conglomerate sparse in tutto il mondo con stabilimenti non più legati ai destini delle singole Nazioni. I lavoratori pur di sopravvivere sono stati costretti ad accettare sacrifici salariali, tagli occupazionali, minori tutele contrattuali, disinvestimenti sulla sicurezza e abbassamento progressivo delle protezioni sociali che un tempo venivano definite “salario differito” e cioè sanità, istruzione, pensioni e altre tutele universali garantite dalle Istituzioni Pubbliche. La sinistra non è riuscita a coniare un nuovo Pensiero capace di coniugare globalizzazione e diritti, ha perso di senso, si è smarrita, divisa e contrapposta tra pessime emulazioni della destra e ruoli di mera testimonianza. In entrambi i casi la Sinistra, non rappresentando più il lavoro e le fasce popolari, si è collocata ai margini dell’agone politico. Se la ricetta vincente è quella del capitalismo le persone scelgono direttamente i partiti di destra e gli schieramenti che mirano a conservare l’assetto dominante, preferendo l’originale alla fotocopia. Il ruolo di testimonianza non è in grado di incidere nella carne viva dei mutamenti sociali e lascia il tempo che trova, tanto è vero che in Parlamento “ Liberi e Uguali “ ha superato di poco la soglia di sbarramento eleggendo 14 Deputati su 630 e 4 Senatori su 315, nel mentre in Molise la sinistra alle ultime regionali ha riportato la disfatta peggiore della sua storia. In pratica o per sopravvivere si deve mutar pelle come i camaleonti assumendo posizioni conservatrici e prendendo i voti nei quartieri ricchi, ma a quel punto sei interscambiabile col tuo avversario, o ci si butta sul post-idelogico facendo finta che capitale e lavoro siano la stessa cosa. Nel frattempo il sottoproletariato gonfia le vele dei reazionari che istigano alle guerre contro i migranti e gli operai cercano rifugio tra le braccia della destra dei dazi e del protezionismo illudendosi di trovare riparo in un neo-corporativismo localistico giallo-verde. Il punto però non è scegliere tra rabbia e clientela o tra protesta e tifo per i più ricchi, è quello di ricominciare a operare a sinistra con un progetto politico capace di dare rappresentanza, risposte e prospettiva al mondo del lavoro e alle fasce sociali meno abbienti. Prima o poi i nodi verranno al pettine e il post-ideologico passerà di moda così come la destra disvelerà il suo volto. A quel punto la risposta non potrà essere un fac-simile di Forza Italia o un movimento ispirato a Macron, ma dovrà essere un Partito del Lavoro, Progressista e Socialista

Michele Petraroia

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