La riforma della giustizia a cui sta lavorando il ministro Orlando farà un importante passo in avanti il 29 agosto prossimo, quando dovrebbe esser presentata al Consiglio dei ministri. Lì si capirà qual è il clima. Si vedrà anche se c’è la possibilità di un accordo più ampio o se c’è da attendersi una frenata. Importante, inoltre, è capire quale sarà la reazione di Forza Italia, visto che il tema giustizia interessa e non poco al leader del partito. L’opportunità della riforma a mio giudizio è condivisibile e non dovrebbe affatto essere in discussione, ma il metodo proposto e la precipitazione con la quale è stata disegnata rischiano di condurre a soluzioni inappropriate e pericolose. L’esperienza sul campo ci dimostra chiaramente che una riforma organica non può prescindere da una seria valutazione d’impatto della nuova regolamentazione sotto il profilo politico, economico, sociale e territoriale. Ciò richiede la raccolta e l’analisi approfondita dei dati di efficienza e di spesa relativi alla funzionalità dell’attuale assetto della geografia giudiziaria, esercizio che presuppone la ricognizione dei costi e della redditività del servizio di giustizia, l’indagine sulla specificità della geografia reale e della situazione infrastrutturale del bacino di utenza (morfologia territoriale, tessuto industriale e produttivo, livelli di criminalità ordinaria ed organizzata), nonché l’individuazione dei fabbisogni reali di un sistema funzionale ed efficiente, al fine di disegnare delle strutture che rappresentino una sintesi ottimale tra efficienza e costi del sevizio. Su queste premesse, che a mio giudizio prescindono da prese di posizione aprioristiche e ideologiche, dovrebbe ragionevolmente fondarsi un’iniziativa progettuale idonea alla definizione di un rinnovato sistema giustizia, superando l’attuale assenza di visione prospettica che induce a ridurre l’esistente senza creare nulla di nuovo. Le riforme devono nascere da progetti e non da soppressioni più o meno estese. Con questa visione progettuale si può aspirare a sviluppare e mantenere un sistema pubblico della giustizia efficiente, eliminando gli sprechi, massimizzando gli investimenti, razionalizzando e monitorando il servizio, nel rispetto della superiore esigenza di garantire a tutti il pieno ed effettivo esercizio del diritto di accesso alla giustizia. Sempre a mio giudizio, è assolutamente indispensabile coinvolgere il Parlamento nella definizione di future scelte correttive del sistema giudiziario nonché l’opportunità di riflettere ad una riforma globale dell’organizzazione giudiziaria, nell’ottica di assicurare ai cittadini la tutela effettiva dei propri diritti. Al Parlamento spetta in maniera esclusiva la definizione dei principi e dei criteri che devono fondare interventi di questa natura, nonché l’individuazione degli obiettivi da raggiungere. Allontanandosi dalla sua sede naturale, quella parlamentare, il processo di riforma della giustizia perderà di potenzialità ed efficacia, e il sentimento che la riforma si lascia alle spalle è quello della solita occasione perduta.
(Vincenzo Musacchio, già Docente di diritto penale presso l’Alta Scuola di Formazione presso la Presidenza del Consiglio in Roma)