L’Istat nel Report sulla Povertà assoluta nel 2024 certifica che il 15,6% delle famiglie con un componente operaio si trova in condizione di povertà, sono 5,7 milioni di poveri assoluti, colpiti soprattutto Sud e bambini.
Per molto tempo il lavoro è stato uno strumento di emancipazione dal bisogno, il lavoro operaio era il sogno per compiere il salto di qualità e costruire futuro, oggi non è più così nonostante i proclami, di politici il 15,6% delle famiglie il cui componente di riferimento è operaio si trova in condizione di povertà assoluta.
Si legge nel Report dell’Istituto nazionale di statistica che anche nell’anno scorso le famiglie in povertà assoluta erano 2,2 milioni e gli individui in quella condizione si attestavano a 5,7 milioni. Solo qualche 0, di spostamento in peggio, quindi nulla di nuovo, parliamo di donne uomini, bambini e bambine che non hanno da mangiare o quasi.
L’Italia è un paese civile dovrebbe avere l’ambizione ogni anno di ridurre la povertà.
Se ai 5,7 milioni di poveri assoluti si sommano quelli in povertà relativa c’è di che preoccuparsi: si tratta di altri 8,7 milioni di individui, quasi 15 milioni di cittadine e cittadine che stentano ad arrivare a fine mese.
L’Istat attesta che il lavoro operaio o assimilati non proteggono più dalla povertà, il 16% delle famiglie il cui componente principale è operaio si trova nella condizione di povertà assoluta e siccome un lavoro c’è quelle famiglie non hanno “diritto” a nessun sostegno economico.
Il numero delle famiglie in affitto assolutamente povere supera il milione, sono 22,1% contro il 4,7% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà.
La povertà diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: per chi ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, l’incidenza è pari al 4,2%, è tre volte più elevata (12,8%) se si ha al massimo la licenza di scuola media e aumenta ulteriormente, salendo al 14,4%, per le famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza di scuola elementare.
Sono in povertà assoluta il 12,1% di minori del Centro, il 16,4% del Mezzogiorno, e 14,9% per i bambini da 7 a 13 anni, l’incidenza più elevata dal 2014.
Per l’Istat: “L’intensità della povertà per le famiglie con minori, pari al 21%, è più elevata di quella calcolata sul totale delle famiglie (18,4%), a ulteriore testimonianza di una condizione di disagio maggiormente marcato”.
L’incidenza di povertà assoluta, pari al 30,4% tra le famiglie con stranieri, sale al 35,2% per quelle composte esclusivamente da stranieri e scende al 6,2% per le famiglie di soli italiani.
Si legge nel Report che “tra le famiglie assolutamente povere, il 39,8% risiede nel Mezzogiorno (38,7% nel 2023) e il 44,5% al Nord (45% nel 2023); il restante 15,7% risiede nel Centro (16,2% nel 2023), mentre al Nord diminuisce il dato, al Sud aumenta di un punto percentuale, la povertà assoluta è stabile anche a livello individuale, con l’unica eccezione delle Isole dove si registra un significativo aumento, arrivando al 13,4% dall’11,9% del 2023.
Il dato è che si è poveri pur lavorando, con un quarto dei lavoratori dipendenti che può contare su retribuzioni lorde annue inferiori a 10 mila euro l’anno, a causa di lavori precari e a tempo parziale.
La povertà non si contrasta distribuendo derrate alimentari a qualcuno con la tessera annonaria, ma con politiche e strumenti forti e di carattere universale che garantiscano la presa in carico dei bisogni complessi delle famiglie in difficoltà, senza lasciare indietro nessuno.
Servirebbe un ripensamento delle politiche pubbliche di contrasto della povertà, a partire dalla Legge di Bilancio che il governo sta per varare.
Alfredo Magnifico