La riflessione/ Molise, ultime prove per la salvezza

Il Molise mai come in questo periodo era stato al centro della cronache nazionali, qualche volta anche per situazioni positive (ad esempio per l’eccellenza del tartufo); ma negli ultimi giorni è diventato un ‘caso’ per i numeri pandemici ed il clamore che stanno suscitando ovunque. Uno spazio su una nota trasmissione nazionale sulla rete Rai, con interventi e video anche nel segno del dolore, ha fatto porre la domanda ad esperti e giornalisti nazionali su come mai una regione così piccola, quindi di norma non difficile da gestire, sia potuta cadere in questa situazione organizzativa e in piena crisi sanitaria. In sostanza siamo passati in pochi mesi dal ‘sistema Molise’ esempio di contagio minimo e reparti ospedalieri vuoti al Molise in preda al caos ed al contagio, con dati allarmanti soprattutto per quanto riguarda la situazione del Cardarelli di Campobasso, che parla del reparto Covid che ha superato la soglia di sostenibilità. Non ritorniamo sul ‘caso’ dei posti letto di terapia intensiva, perché sarebbe già sotto la lente d’ingrandimento ministeriale e su quello attendiamo di sapere come stiano effettivamente le cose. Per focalizzare il problema forse è giusto partire da numeri ‘nazionali’.

La situazione sanitaria negli ospedali è spesso vicina alla soglia di rischio: il dato ‘ufficiale’ dice che in otto regioni questa quota (il 30% delle terapie intensive) è già superata, talvolta di molto. È quanto ha rilevato l’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) in un recente monitoraggio. Maglia nera è l’Umbria dove il 57% delle terapie intensive è occupato da malati Covid, ma è critica la situazione anche in l’Abruzzo dove l’occupazione è pari al 39%: Seguono Marche, Molise, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano (33%), Friuli Venezia Giulia (32%) e Lombardia (31%). Il dato migliore è in Val d’Aosta e in Basilicata, con appena il 5% dei posti di rianimazione occupati. Il dato ‘effettivo’ più recente per noi sarebbe ancora peggiore.

Che vuol dire? Che il nosocomio regionale non potrà reggere a lungo la situazione, perché i reparti si riempiono di malati che, con la variante al virus, sono sempre più gravi in un contesto che vede il personale già allo stremo delle forze perché soggetto a turni massacranti. Sono dati che destano preoccupazione che richiedono interventi correttivi di massima urgenza; ma soprattutto azioni rapidissime, cioè quello che non si è visto finora. La programmazione politica è sembrata sempre la stessa concentrata più a rassicurare che ad agire mentre tutto intorno si assisteva al caos. Ora o diventa operativa, con uno scatto d’orgoglio e un’azione decisionale rapida e incisiva, oppure sarà il tracollo, sanitario e sociale.

Stefano Manocchio

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