Regione/ Piano dei Trasporti, la fine della strada ferrata

di Stefano Manocchio

Un tempo si diceva (e l’affermazione ha avuto validità per diversi decenni), che le Ferrovie avessero funzione sociale e che il trasporto ferrato potesse ed in un certo senso dovesse essere ‘obbligatorio’ anche quando passivo nelle aree svantaggiate; poi è arrivata la competitività ed evidentemente il concetto è superato, almeno in Molise. Non si placano le polemiche sul Nuovo Piano regionale dei trasporti; e in un certo senso il fulcro è collegato proprio alla funzione sociale della strada ferrata. Leggendo, seppur solo la scheda sintetica, non mancano le buone intenzioni, ma non viene considerato l’impatto che su alcune realtà, leggi Campobasso, sarà difficile da digerire.

In linea di principio si afferma la necessità di :

  • Assicurare il diritto alla mobilità delle persone e delle merci, riservando un’opzione preferenziale al trasporto collettivo;
  • garantire una migliore integrazione dei sistemi di trasporto ferroviario, marittimo, stradale e aereo;
  • prevedere un’organizzazione della mobilità regionale in termini di multi modalità e intermodalità e, quindi, uno sviluppo equilibrato e integrato di tutte le modalità di trasporto;
  • realizzare una efficiente interconnessione fra le reti di rango regionale e quelle sovra regionali;
  • garantire integrazione di un sistema multi modale dei trasporti che preveda interazione tra servizio su gomma, servizio ferroviario e il combinato strada- mare sia per il trasporto delle persone, in aderenza ai principi dell’approvando piano portuale;
  • permettere affidabilità dei servizi di trasporto pubblico regionale locale in ambito urbano ed extraurbano, anche considerando le diverse caratteristiche ed esigenze dei bacini di traffico e tutta un’altra serie di servizi che in teoria dovrebbero garantire una migliore mobilità regionale e interregionale.

Questo quanto attiene alla programmazione, ma sul piano pratico, invece, al momento si evince solo che verranno soppresse quattro corse sulla Campobasso- Napoli (che, come dicono i sindacati di categoria, saranno garantite non da autobus sostitutivi ma dal TPL), mentre è sancita la chiusura della Termoli- Campobasso e di fatto ‘salta’ (almeno per il momento, ci riserviamo di approfondire l’argomento) anche una ipotesi credibile sulla cosiddetta ‘metropolitana leggera’ presentata anni fa come il fiore all’occhiello in tema di trasporto locale da una classe politica che subito dopo se ne è dimenticata e di cui rimarranno come imperituro ricordo le stazioni di collegamento, nuove cattedrali nel deserto molisano. 

Diciamolo subito: che la tratta tra il capoluogo di regione ed il comune adriatico fosse un ‘ramo secco’ lo sapevano anche i passanti per strada; ma l’alternativa al chiuderla è invece di renderla efficiente, cosa che probabilmente cozza con le ragionieristiche analisi costi-benefici che imperversano nel pubblico e nelle partecipazioni statali.

Sul tema, come detto hanno preso posizione i sindacati di categoria, che nel giudizio hanno precisato che “si evince chiaramente la volontà di spostare il trasporto dal ferro alla gomma contro ogni principio sancito nel PNRR, nei Fondi Europei, nelle azioni messe in capo in Europa e nel Paese. Spostare il trasporto su gomma con un sistema viario fatiscente come quello molisano non ha alcun senso logico e diventa inaccettabile”. Inoltre hanno precisato che sono a rischio circa 50 posti di lavoro tra Ferrovie e indotto.

Tra i politici si è espresso chiaramente contro il Piano il consigliere regionale Andrea Greco più o meno in linea con quanto appena precisato dai sindacati.

Sarà necessaria un’analisi approfondita, ascoltando tutte le parti in causa, ma da subito è chiaro almeno che il Molise è poco appetibile per il trasporto ferrato e quasi totalmente lo è la provincia di Campobasso, eccezion fatta per Termoli che, essendo sulla tratta ferroviaria adriatica, per sua fortuna almeno gode dell’alta velocità. I segnali c’erano da tempo, ad iniziare dai disagi continui sulle tratte locali del pendolarismo, i treni che si rompevano ( e ancora si rompono) continuamente, i ritardi continui ed una certa incapacità di dialogo tra classe politica locale ed Ente Ferrovie dello Stato. 

La voce del Molise centrale è debole ed evidentemente non arriva a Roma.

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