Politiche 2018/ Ora tutti al lavoro … si spera

“Passata la tempesta odo augelli far festa…” inizia così una delle poesie più belle e significative di Giacomo Leopardi, il poeta amato dai giovani che si rispecchiano in quello che il recanatese scriveva e che tutt’oggi sono spesso e volentieri lo “spirito guida” per chi vuole allontanarsi a ragion veduta dalla scellerataggine della società odierna, che il poeta appellerebbe “un borgo selvaggio”, anche se l’appellativo era rivolto alla cittadina marchigiana.
Sentimenti che sono alla base di elucubrazioni che fanno si che la generazione attuale è più matura rispetto a quella degli anni addietro, tant’è che solo ascoltandoli, oppure leggendoli o anche guardandoli, si riesce a carpire appieno il senso delle loro azioni. Tuttavia non è di questo che vogliamo scrivere, anche perché ci addentreremo in un campo “minato” in cui è difficile camminare senza recare e recarsi danni. L’appiglio di stampo retorico-letterario, ecco il perché della presa in prestito del primo rigo della “quiete dopo la tempesta”, ci permette di capire quello che è successo in questo fine settimana e di come gli italiani, hanno deciso di spazzare via letteralmente le vecchie logiche dei partiti fin troppo abbarbicati su tempi stantii ma soprattutto vantaggiosi per pochi eletti nel vero senso della parola.
Un vento di rinnovamento che mostra come la voglia di cambiamento è stata travolgente e inarrestabile tanto da far ruzzolare finanche molti notabili che fino a qualche giorno fa, a dir la verità lo sono ancora, sedevano negli scranni del Parlamento, Senato e Governo nazionale. Uno tsunami che ha letteralmente tramortito chi con tracotanza che, non capiremo mai, ha creato un clima ostile nel Paese che ha deciso di cambiare radicalmente, anche se le forze elette, escluso i pentastellati perché forza nuova, non sono del tutto né sconosciute né tanto meno immacolate dal punto di vista politico.
Una forza che nessuno si aspettava che prorompesse in questo modo e che oggi a 48 ore dal voto ma non dall’apertura delle urne, in alcuni casi si sta ancora procedendo alla verifica dei voti causa un meccanismo non propriamente facile da applicare, fa discutere non solo all’interno dei partiti ma tra la gente che ha commentato “finalmente, non ne potevamo più”. Affermazione che, la dice lunga di come gli Italiani, specialmente quelli che devono fare i conti materialmente con le negazioni che la vita riserva, permette di guardare, forse, aggiungiamo noi, perché ancora le acque sono agitate, con fiducia a chi dovrà prendersi in carico il Paese, Molise compreso.
Un carico pesante che si presenta ancora più difficile da trasportare perché le incognite fanno si che l’intrasportabilità si palesi ad ogni passo, anche se siamo solo agli inizi, anzi ancora non si esce dai magazzini. Un carico che con tanto di bolla, documento necessario per essere messo in circolazione, non permette assolutamente di poter essere diviso, il Paese non lo permette, altrimenti il lavoro preparatorio alla bufera elettorale sarebbe stato vano.
Un lavoro ai fianchi che ha ottenuto i risultati sperati e che oggi vede nella ventesima regione d’Italia una pattuglia di ben sei rappresentanti in seno alle massime Istituzioni, anche se a dir la verità una è stata eletta in Puglia. Un lavoro che premia la costanza di chi ha deciso di scendere in campo e combattere contro chi era sicuro di poter continuare a governare, invece no. Un diniego deciso senza alcuna possibilità di trasformarsi in un NI altrimenti sarebbero vani i risultati ottenuti. I quali, devono essere il punto di partenza per il lavoro di riconnessione del sistema disconnesso da una realtà volutamente tenuta all’oscuro da chi ora più che mai, specialmente chi non è stato rieletto, dovrà restituire le chiavi del cosiddetto “cuor di Federico” che da domenica sera, non è più in sincronia…anzi aritmico e tachipulsante.
di Massimo Dalla Torre

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