Lavoro: il congedo per le vittime di violenza è legge, ma non si può applicare

L’attacco della Cgil: “L’Inps non ha ancora pubblicato la circolare applicativa”. La norma è entrata in vigore lo scorso 24 giugno, ma l’ente di previdenza non ha preso provvedimenti. La presidente di Telefono Rosa: “E’ grave, può essere uno strumento per abbattere un muro”
di GIULIANO BALESTRERI www.repubblica.it

Il congedo pagato per le donne vittime di violenza era uno dei fiori all’occhiello del Jobs Act targato Matteo Renzi. Una chiara presa di coscienza di una piaga che ancora colpisce una donna su tre: solo in Italia sono 6,7 milioni le vittime – almeno una volta nella vita – di una violenza fisica o sessuale. Un dramma dal quale si esce solo attraverso un lungo percorso, “riuscendo a smettere di sentirsi colpevoli, ma è il passaggio più complesso” dice Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa.

Motivi che avevano spinto il governo a varare un provvedimento innovativo a tutela delle donne vittime di abusi prevedendo per “le lavoratrici inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, sia dipendenti (pubbliche e private) che collaboratrici a progetto, il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di tre mesi”. Senza perdere lo stipendio e continuando a maturare i contributi, esattamente come avviene per le dipendenti in maternità.

Il decreto legislativo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 24 giugno con entrata in vigore il giorno successivo. Eppure a distanza di quasi dieci mesi il provvedimento è rimasto lettera morta: manca ancora una circolare applicativa dell’Inps, senza la quale le aziende non possono dare seguito alle richieste delle dipendenti. La delibera amministrativa deve passare dalla direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito dell’Inps, ma per un qualche corto circuito il provvedimento giace ancora fermo in un cassetto. Un stop che il governo non gradisce: per il momento non è stato fatto alcun passo ufficiale, ma in tanti parlano di “negligenza” da parte dell’Istituto di previdenza. L’Inps, però, non commenta.

A protestare sono soprattutto i sindacati. La Cgil per voce della responsabile Politiche di genere nazionale, Loredana Taddei, chiede all’Inps di “emanare subito la circolare. Questo diritto è ancora scritto sulla carta e non è esigibile. La responsabilità – denuncia – ricade interamente sull’Inps che non ha ancora emanato la necessaria circolare applicativa”. La dirigente sindacale sottolinea che “la norma si prefigge l’obiettivo di sostenere le donne non soltanto in termini di sicurezza individuale, ma anche sotto il profilo dell’indipendenza economica, riconoscendo il diritto a tre mesi di astensione retribuita dal lavoro”. Senza dimenticare che il decreto prevede anche la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time fino a quando necessario.

Critiche anche dai centri antiviolenza. “Sono stata tra le più critiche nei confronti della norma perché per il 95% della donne è impossibile denunciare la violenza” dice la presidente di Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli che poi aggiunge: “Adesso, però, rivendico il diritto ad aver l’applicazione di una legge, anche fosse buona solo per una donna”. La convinzione è che l’entrata in vigore del provvedimento possa contribuire ad abbattere il muro di silenzio. “Tre mesi – spiega ancora l’esperta – non sono sufficienti a lasciarsi alle spalle la difficoltà, ma permettono di allontarsi dalla vita di tutti i giorni. Tre mesi possono aiutare a maturare la consapevolezza di intraprendere un percorso e a non sentirsi più colpevoli, ma vittime”.

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