Segnali di pericolo e non responsabilità del datore di lavoro

Nella sentenza n. 14066 del 23 maggio 2019, la cassazione si è trovata ad affrontare il caso di una dipendente che, anche se, in presenza di un segnale di pericolo che avvisava che il pavimento era bagnato in quanto erano in corso delle pulizie, transitava ugualmente e cadendo riportava una frattura.

Il danno veniva regolarmente risarcito dall’INAIL, ma il datore era stato convenuto in giudizio con una richiesta di risarcimento legata al c.d. “danno differenziale”.

Nel giudizio di Appello, impugnato in Cassazione dall’azienda, l’imprenditore era stato riconosciuto colpevole per una serie di ragioni tra cui spiccavano il non aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire ogni possibile infortunio e non aver previsto lo svolgimento delle pulizie stesse, affidate in appalto ad una azienda specializzata nel settore, al di fuori dell’orario di lavoro, così da eliminare qualsiasi interferenza con la normale attività lavorativa.

I Giudici di Cassazione non sono stati di questo avviso ritenendo che l’art. 2087 c.c. non prevede l’ipotesi di responsabilità oggettiva quando afferma che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. 

Le misure che il datore di lavoro deve adottare, sono quelle tassativamente previste dalla legge, quelle, generiche, derivanti dalla comune prudenza e quelle, ulteriori, che dovessero essere ritenute necessarie.

la Corte sostiene che l’imprenditore non si deve limitare a seguire ed applicare regole derivanti dall’esperienza o dalle conoscenze tecniche esistenti, ma è tenuto ad adottare tutte le cautele idonee a far sì che venga scongiurato ogni possibile danno, da cui viene fuori il principio secondo il quale il datore deve ritenersi colpevole allorquando l’evento accaduto sia ascrivibile a sua colpa, ovvero, siano state violate norme specifiche di tutela o siano state omesse misure di cautela dettate dalla esperienza tecnica.

L’art. 2087 c.c. va ricollegato con due articoli della nostra Costituzione, il 32 “diritto alla salute” e il 41 ove l’iniziativa economica deve avvenire nel rispetto della sicurezza, della dignità e della libertà umana.

Una precedente ordinanza della stessa Cassazione, la n. 16026 del 18 giugno 2018, aveva già sottolineato che “il datore di lavoro è tenuto a prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza od imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine, ogni mezzo preventivo idoneo, con l’unico limite del c.d. “rischio elettivo”, da intendere come condotta personalissima del dipendente, intrapresa volontariamente e per motivazioni personali”.

Appoggiandosi a tali principi, la Corte ha riformato la sentenza di Appello affermando che il datore di lavoro non è in alcun modo responsabile, anche per sola colpa, della scivolata di una propria dipendente sul pavimento bagnato, segnalato, in modo particolarmente evidente, con un cartello, dagli addetti della impresa di pulizie che, peraltro, avevano fatto presente verbalmente all’interessata il pericolo, inoltre sostenuto la piena legittimità del comportamento aziendale che può organizzare il lavoro come crede e chiedere all’ impresa esterna che gestisce l’appalto di svolgere le prestazioni richieste anche durante il normale orario di lavoro, ovviamente, ciò comporta la necessità di prevedere una serie di cautele circa le interferenze con la normale attività lavorativa, cosa che, nel caso prospettato ai giudici era avvenuto in quanto il pericolo del “pavimento scivoloso” era stato debitamente segnalato.

La dipendente aveva ignorato tali avvertimenti ed aveva deciso, comunque, di passare: tale comportamento è ascrivibile, completamente, alla volontà dell’interessata, sicché il responsabile dell’impresa risulta immune da qualsiasi colpa.

Alfredo Magnifico

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