Procedimenti e Sanzioni Disciplinari. Cisl Poste denuncia un elevato numero di procedimenti in atto

Nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un’escalation del numero di procedimenti disciplinari avviati da Poste Italiane nei confronti del personale che, a qualsiasi livello, è impegnato in produzione. Tale fenomeno preoccupa il Sindacato della CISL Poste Molise, che denuncia l’elevato numero di procedimenti in atto. Un fenomeno, in crescita esponenziale – afferma il Segretario Antonio D’Alessandro -, che impone alcune riflessioni e che desideriamo evidenziare con l’enfasi e l’importanza necessaria a creare la giusta attenzione negli attori coinvolti/interessati.La questione è particolarmente delicata per i mille risvolti che ricadono, interamente, sui Lavoratori colpiti. Una questione che sfugge a qualsiasi, oggettivo, riscontro da parte dei Rappresentanti dei Lavoratori.In un’Azienda che fonda la sua strategia economica sul pressing esasperato, sull’esercizio delle pressioni, finalizzata ad arrivare “comunque” all’obiettivo, minimizzando attività e/o comportamenti di diretta responsabilità della forza lavoro, porta a sanzionare i Lavoratori senza alcuno spazio e/o possibilità di replica.
Più si assumono responsabilità, più si alza il livello del ruolo ricoperto in Azienda – afferma D’Alessandro, più si è soggetti ad interventi sanzionatori, rispetto ai quali, ripetiamo, il Lavoratore ha ben poche possibilità di difesa.
Allo stesso tempo, ed in maniera direttamente proporzionale, più si va gerarchicamente in alto più si è soggetti ad indebite forme di pressioni o ricatti che paventano, sempre di più, lo spauracchio del possibile procedimento disciplinare.Riteniamo come CISL, che il rapporto che dovrebbe essere equilibrato, tra Inquirente/Istruttore e Lavoratore sia, invece, enormemente sbilanciato a favore dei primi e che il sistema offra, nella realtà, bassissime possibilità di difesa ed autotutela al Lavoratore. C’è, insomma, un’evidente disparità tra chi accusa e chi deve difendersi. Con l’aggiunta che chi, alla fine del processo, giudica è parente (strettissimo) di chi accusa.Una situazione anomala che pone (serissimi) dubbi sulla corretta istruzione di molte pratiche disciplinari e, soprattutto, sull’esito (scontato) delle stesse.Ci fa riflettere il sempre più elevato numero di procedimenti avviati, a volte, senza i necessari supporti, e, spesso, senza una reale violazione “normativo-regolamentare”, ma solo sulla scorta di (opinabili) deduzioni messe nero su bianco nelle relazioni ispettive che, quasi sempre, diventano “Sentenze di Cassazione”.
Ciò rende anche necessario rivedere ed aggiornare le professionalità (e l’approccio) all’interno delle strutture aziendali deputate all’istruzione di dette pratiche. Questa evidente disparità ci induce, inoltre, ad ipotizzare un utilizzo dello strumento non oggettivo. Funzionale, cioè, a quei principi di etica e trasparenza, assolutamente indispensabili in un campo delicatissimo come quello trattato, ma che, invece è, qualche volta, funzionale a ben più miserevoli ed inesplicabili obiettivi.
C’è, ancora, un altro deplorevole aspetto della questione che merita la massima attenzione – espone il Segretario della CISL Antonio D’Alessandro – chi entra nel tritacarne di un procedimento di questo tipo ne esce “sempre” con una ferita. A prescindere. A nulla serve dimostrare di esserti attenuto a regole, normative, codici etici e deontologici: partito il procedimento, questo si DEVE chiudere, comunque, con una sanzione. Sanzioni, dure o leggere che siano, restano a carico del Lavoratore, con ripercussioni in termini economici, di carriera, personali.Ultima riflessione: riteniamo che nel contesto attuale con le disfunzioni organizzative, con istruzioni sempre più verbali, la scarsa qualità del servizio postale e finanziario reso alla clientela, i lavoratori, senza distinzione di ordine e grado, rischiano di essere quotidianamente sanzionabili poiché l’azienda “pianifica” contraddizioni operative e/o gestionali con le quali inesorabilmente il lavoratore si scontra. Crediamo – conclude Antonio D’Alessandro – restituire allo strumento una reale valenza di accertamento super partes che porti, senza forzature, né esasperazioni, ad un oggettivo, professionale, riscontro dei fatti, e ad una valutazione degli stessi alla luce di norme, regolamenti, etica comportamentale, ma che tenga conto anche dell’aspetto umano. Se poi un procedimento disciplinare, erroneamente impostato, potesse anche concludersi con uno “scusi, ci siamo sbagliati” non sarebbe disdicevole per nessuno. Anzi, sarebbe un momento di grande forza. Per l’Azienda e per chi, in questo contesto, è deputato a rappresentarla.

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