Nonostante le risorse, perché trascurare l’occupazione dei più fragili?

La Legge di bilancio 2022 prevede sostanziosi finanziamenti per imprese, lavoratori e rappresentanze coinvolte nella gestione di transizione economica che modificherà radicalmente le caratteristiche della produzione e del mercato del lavoro.

Saranno rilevanti i costi sociali che deriveranno dalla perdita del lavoro di milioni di persone causata dalla crisi e dalla progressiva obsolescenza di molte professioni, causa le innovazioni tecnologiche e le trasformazioni delle organizzazioni produttive.

Con la Legge di bilancio e il PNRR, si prevedono investimenti per: transizione ecologica e ambientale, politiche attive per il lavoro, per adeguare i servizi di orientamento e le competenze delle risorse umane ai nuovi fabbisogni oltre che per rendere sostenibile la mobilità del lavoro.

I provvedimenti a sostegno del lavoro possono essere sintetizzati in tre ambiti: quelli destinati ad alleviare i costi della potenziale, o reale, perdita del lavoro; quelli finalizzati a rafforzare la modalità e gestione delle transizioni lavorative e quelli degli incentivi rivolti alle imprese per facilitare le nuove assunzioni.

La riforma degli ammortizzatori sociali, prevede una dotazione aggiuntiva di 5 miliardi di euro per estendere a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, (apprendisti e lavoratori domestici compresi), stimati in 12,4 milioni, l’utilizzo delle casse integrazioni (Cig) per far fronte alle riduzioni temporanee delle attività lavorative in costanza del rapporto di lavoro.

La riforma estende l’utilizzo delle Cig anche a causali derivanti da crisi aziendali, compresa la cessazione definitiva delle attività, per imprese con più di 15 dipendenti, ripristinando così le causali che erano state soppresse con la riforma del 2014.

Si prevedono interventi di 12 mesi nell’arco di un quinquennio mobile, sulla base del numero di addetti delle imprese (fino a 5, tra 5 e 14, oltre i 15), differenziazione che viene applicata anche per i contributi a carico di imprese e lavoratori destinati al finanziamento dei fondi mutualistici dei vari settori di attività costituiti presso l’Inps. La riforma prevede anche la possibilità di usufruire di ulteriori 12 mesi di Cig per le aziende con più di 15 dipendenti che sottoscrivono accordi collettivi finalizzati alla ricollocazione dei lavoratori.

Per finanziare i provvedimenti di CIG in deroga e far fronte alle fermate delle attività conseguenti ai provvedimenti disposti dalle autorità per contrastare la diffusione del Covid nel corso del 2022, sono stati stanziati 700 milioni di euro.

La riforma dei sostegni al reddito prevede: il potenziamento dell’indennità di disoccupazione (Naspi) per perdita involontaria del lavoro, l’allungamento dei periodi di utilizzo temporale, l’aumento dell’importo mensile a 1.200 euro, la riduzione del requisito di anzianità lavorativa presso l’impresa per l’accesso alle prestazioni da 90 a 30 giorni, l’attenuazione del decalage degli assegni (3%), a partire dal sesto mese rispetto all’attuale terzo.

Per i lavoratori parasubordinati e i collaboratori autonomi viene estesa a 12 mesi la possibilità di usufruire della specifica indennità di disoccupazione (Dis-coll).

Le aziende con più di 50 dipendenti ,hanno la possibilità di sottoscrivere con le rappresentanze sindacali i contratti di espansione che prevedono la possibilità di anticipare il pensionamento per i lavoratori anziani che maturano i requisiti in via ordinaria nel corso dei prossimi 5 anni, attualmente in vigore nelle imprese con più di 100 dipendenti.

Nel complesso vengono introdotte, o confermate modalità per accedere alla pensione anticipata, con

·        La costituzione di un fondo, presso il ministero dello Sviluppo economico, di sostegno di 150 milioni di euro per sostenere i costi dei prepensionamenti nelle piccole imprese, sostituisce quota 100 che esaurisce i suoi effetti nell’anno in corso,

·        L’ introduzione della pensione anticipata con la quota 102 (64 anni di età e 38 di contribuzione) limitatamente al 2022;

·        La proroga dell’Ape sociale che consente ai lavoratori anziani con almeno 63 anni di età e 36 di contributi versati (32 per i lavoratori dell’edilizia e dei ceramisti) che perdono involontariamente il lavoro di accedere all’assegno di pensionamento anticipato;

·        L’estensione dell’anticipo di pensione con i requisiti del lavoro usurante a 24 nuovi profili professionali;

·        La proroga dell’anticipo di pensione a 58 anni, meglio noto come “opzione donna” con la modalità di calcolo integralmente contributiva.

·        viene inserita una norma di contrasto alle delocalizzazioni, che impone alle imprese con più di 250 dipendenti, che licenziano almeno 50 lavoratori, di comunicare anticipatamente (almeno 90 giorni) alle autorità ministeriali e all’Anpal la decisione di ridimensionare le attività, di predisporre un piano adeguato per il ricollocamento dei lavoratori, con un inasprimento delle sanzioni, consistente nel raddoppio delle indennità di licenziamento previste dalla legge, nel caso di inadempimento o di mancata intesa con le rappresentanze dei lavoratori sul piano di ricollocazione.

Un complesso di norme che si configurano come un aggravamento di oneri per la gestione delle riduzioni di personale per le imprese italiane e le multinazionali che hanno sedi in altri Paesi.

Sul Reddito di cittadinanza sono state introdotte misure restrittive per limitare la possibilità di rifiutare le offerte di lavoro congrue da parte dei beneficiari dei sussidi (massimo due rifiuti rispetto ai tre attuali) rafforzando gli obblighi di frequentare i percorsi di formazione e di svolgere i lavori di pubblica utilità, sanzionando le inadempienze con la perdita del sussidio pubblico.

Per favorire nuove assunzioni, la Legge di bilancio prevede;

·        l’erogazione di contributi equivalenti al 50% delle retribuzioni di un intero anno per le aziende che assumono lavoratori in cassa integrazione delle aziende in crisi;

·        sgravi sui contributi previdenziali, aggiuntivi alle 15 tipologie già vigenti, pari al 20% dei contributi per imprese che assumono i beneficiari del Reddito di cittadinanza; del 50% dei contributi per favorire il ritorno al lavoro delle donne dopo successivo all’utilizzo della aspettativa per la maternità;

·        il 100% fino a 36 mesi per gli apprendisti assunti dalle piccole imprese;

·        il 50% o 100% fino a 48 mesi, in relazione al territorio di appartenenza, per l’assunzione o la stabilizzazione di giovani under 35 anni.

Le risorse destinate a politiche passive e pensionamenti anticipati, sono notevoli ,perché destinate a produrre effetti di trascinamento sui conti pubblici e delle imprese, sulla loro efficacia di contribuire alla crescita dell’occupazione, è lecito dubitare.

La crescita della spesa delle politiche passive rimane largamente superiore a quella prevista per le politiche attive, nonostante le risorse del Pnr, continua a rimanere il connotato negativo delle politiche del lavoro italiane, la riforma degli ammortizzatori sociali, che ripristina l’utilizzo delle casse integrazioni per mantenere in vita, con sussidi pubblici, posti di lavoro inesistenti rischia di minare le politiche attive per il lavoro.

La proliferazione di incentivi per le assunzioni, di disoccupati, oltre che confondere le idee alle imprese, li rende inutili per la finalità di elevare le probabilità di trovare un’occupazione per i soggetti più fragili.

Nonostante i buoni propositi e il volume crescente delle risorse impegnate, le politiche del lavoro rimangono, troppo simili a quelle fallimentari praticate negli ultimi 10 anni, distanti dai fabbisogni reali e dai comportamenti che dovrebbero essere sollecitati per farvi fronte.

Alfredo Magnifico

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