L’intervento/In Italia: uno su quattro trova lavoro grazie ad amici o parenti

Uno studio Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), presentata durante la 13° Festival del lavoro di Bologna riporta che negli ultimi dieci anni i canali informali hanno collocato il 56% dell’occupazione, mentre anni fa c’erano gli uffici di collocamenti e serviva la, cosiddetta, spintarella di un amico, quasi quarant’anni dopo anche se azzerate le clientele nel doloroso momento della (difficile) ricerca di un lavoro, si fa appello sempre più alla sensibilità di qualche amico.

Lo studio fa emergere che il 23% degli occupati trova lavoro tramite amici o parenti e il 9% tramite contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo, i canali informali di ricerca hanno, insomma, collocato il 56% dell’occupazione degli ultimi dieci anni per un totale di circa 4,8 milioni di posti.

Lo studio sottolinea come la prevalenza dell’accesso all’occupazione tramite i canali informali rappresenti un tratto strutturale del nostro mercato del lavoro e produce inevitabili e rilevanti distorsioni nella qualità dell’allocazione “ottimale” delle risorse umane.

I dati mostrano che i canali formali (a parte i concorsi pubblici) intermediano le posizioni lavorative meno retribuite, prevalentemente non standard e caratterizzate da bassi livelli di istruzione.

In assoluto il canale di ricerca cresciuto maggiormente negli ultimi dieci anni è l’autocandidatura, passato dal 13% al 18% in relazione al ruolo crescente dei social media e alla transizione digitale, anche per il processo di selezione in corso.

L’occupazione generata dalle piccole imprese private, tra 1 e 5 e 6-10 addetti medi, che rappresenta il 40% del totale del settore privato, passa, inevitabilmente, in maniera consistente attraverso l’intermediazione informale (in oltre il 60% dei casi.

Nel mercato del lavoro, “esposto a complesse ricomposizioni e profonde transizioni  servirebbe un player pubblico che sostenga adeguatamente i processi di collocazione e di ricollocazione della forza lavoro.

I centri per l’impiego trattano prevalentemente una utenza debole (il 32% ha le medie inferiori) e riescono a condurre al lavoro poco più del 4% del loro bacino.

La retribuzione di chi ha trovato lavoro grazie ai centri per l’impiego è la cifra della qualità delle occasioni che vengono loro conferite: 23.300 euro lordi all’anno, contro, i 35 mila di chi ha vinto un concorso pubblico o i 32.600 di chi ha trovato lavoro nell’ambiente professionale.

I laureati trovano lavoro attraverso i Servizi per l’impiego è la più bassa (23%) dopo quella delle agenzie interinali (20%),di conseguenza c’è da un lato un problema di carenza di opportunità di qualità e dall’altro l’onere di trattare una utenza particolarmente fragile.

Servirebbe un piano di rafforzamento dei centri per l’impiego che superi il limite di un mero incremento numerico del personale con interventi radicali sul piano della chiarezza delle funzioni da svolgere, delle competenze degli addetti e della efficienza organizzativa.

I centri per l’impiego dovrebbero essere potenziati nella loro interconnessione con le imprese, i servizi dell’orientamento, i servizi formativi, gli altri organismi operanti nell’intermediazione e con tutti gli altri strumenti e soggetti alle politiche del lavoro, ovvero, ai centri per l’impiego bisognerebbe attribuire un ruolo attivo nel mercato del lavoro e offrire le condizioni per poterlo svolgere.

Solo il 2% degli occupati dichiara di avere trovato lavoro tramite un’app o un social network, lo studio Inapp segnala come l’intermediazione digitale, se non adeguatamente regolata, rischia di alimentare ulteriormente l’informalità dei rapporti.

Basta pensare alla rapidità con cui si è passati dal 25% degli occupati che nel 2000 dichiaravano di aver fatto ricorso a Internet durante la fase di ricerca di lavoro, al 50% del 2010, fino al 75% del 2021.

La preoccupazione è che questa situazione può alimentare ulteriormente la crescita del lavoro povero e ridurre la possibilità di far valere i propri diritti e tutele rivendicando buone retribuzioni e contribuire all’ immobilità sociale frenando l’ascensore sociale e alimentando l’ingiustizia sociale.

Alfredo Magnifico

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