L’intervento/Il fallimento del Reddito di cittadinanza certificato dai dati sulla povertà

I dati diffusi dall’Istat sulla povertà delle famiglie Italiane rappresentano un altro duro schiaffo a chi urlava abbiamo abolito la povertà con il Reddito di cittadinanza.

Nel corso del 2020 c’è stato un notevole aumento del numero delle famiglie in condizioni di povertà assoluta (da 1,7 milioni a poco più di 2 milioni) e delle persone appartenenti a questi nuclei (da 4,6 milioni a 5,6 milioni).

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando,da un lato ha  confermato la necessità di apportare correttivi alle fallimentari politiche attive del lavoro, previste per disoccupati,disoccupandi e Neet e per i beneficiari del Reddito di cittadinanza (Rdc), dall’altro ha elogiato la sua efficacia sul versante del contrasto della povertà assoluta. Conferma sostanziata anche dall’ampliamento dei finanziamenti del Rdc e del Reddito di emergenza, che lo ha accompagnato nel corso della pandemia Covid con un allargamento della platea dei beneficiari.

Il milione di poveri in più, dopo avere sperperato 14 miliardi di euro per distribuire risorse a 2 milioni di famiglie e 4,4 milioni di persone (monitoraggio Inps sugli esiti delle domande Rdc/Rem nel corso del 2020), avrebbe meritato qualche approfondimento-critico ulteriore.

Il fallimento del Reddito di cittadinanza non è sostanziato solo dalle politiche attive del lavoro, ma riguarda l’intero impianto del provvedimento varato due anni fa dal Governo giallo-verde, dovuto sostanzialmente alle caratteristiche delle persone povere e alla distribuzione territoriale della povertà assoluta.

Il dubbio era sorto sin dall’origine, distribuire sussidi in fretta e furia sulla base di dichiarazioni Isee su reddito e  patrimonio autocertificate dagli interessati, in un Paese dove oltre il 40% dei contribuenti non paga un euro all’erario, con altissima evasione ed elusione non depone bene.

A chiarire questi dubbi, dato l’ampio utilizzo che dell’Isee viene fatto da parte delle amministrazioni pubbliche per erogare benefici in favore dei ceti meno abbienti, potevano bastare gli esiti delle indagini campione operate dalla Guardia di finanza, secondo la quale il 70% di queste dichiarazioni non risultava attendibile.

Un’ indagine Istat riporta che il 48%, pari a circa 2,6 milioni delle persone in condizioni di povertà, risultava residente nelle regioni del nord Italia, che tra queste solo 820 mila hanno potuto beneficiare del Reddito di cittadinanza. All’opposto il 58% delle domande accolte dall’Inps sono state destinate alle famiglie delle regioni del Mezzogiorno, il 20% in più di quelle stimate dall’Istat e per un numero di famiglie povere decisamente superiore a quelle evidenziate nella rilevazione al contrario per l’Istat le famiglie più esposte sono quelle più numerose, con tre o più minori a carico e hanno registrato il maggior incremento delle condizioni di povertà assoluta nel corso del 2020, e che hanno a carico la gran parte dei 1,350 milioni di minori poveri, tra questi, circa mezzo milione non risulta beneficiare dei sussidi del Rdc.

Il 41% delle domande accolte riguarda i nuclei familiari composti da una sola persona a distorcere i risultati del Reddito di cittadinanza l’ha offerto l’esclusione degli immigrati che non hanno i dieci anni di residenza , nuclei composti da stranieri risultano essere il 28% sul totale delle famiglie povere in Italia, e il 40% dei minori in questa condizione, ma rappresentano solo il 12% delle domande di Rdc accolte.

Gli immigrati in condizione di povertà assoluta, o a forte rischio di diventarlo (i due terzi della popolazione regolarmente residente in Italia), debbano subire nel contempo l’ostracismo storico della destra politica, e quello di una sinistra che preferisce ignorare il problema perché oggettivamente incompatibile con la ricorrente rivendicazione di ampliare l’accoglienza di nuovi immigrati.

Altre distorsioni operate dal Rdc e che fanno saltare i nervi a chi lavora per un tozzo di pane sono tante, a partire dalla pretesa di intervenire con l’erogazione di sussidi per affrontare le condizioni di povertà derivanti dalle dipendenze da alcol, droghe e giochi d’azzardo, queste distorsioni esprimono la volontà di utilizzare il pretesto della povertà per erogare sussidi al reddito a capocchia e per fini clientelari.

Le penalizzazioni delle famiglie numerose e degli immigrati  sono frutto della volontà di trasformare il Rdc in una sorta di reddito di base per le singole persone disoccupate, come propagandato in campagna elettorale del M5S.

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il presidente del Consiglio: su come debba essere declinato il debito buono, destinato a stimolare la crescita economica, a differenza di quello cattivo destinato a generare sprechi e disincentivi per le attività economiche.

Alfredo Magnifico

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