I dati ufficiali confermano che in Italia i redditi dei lavoratori dipendenti negli ultimi decenni sono andati a rotoli.
Le statistiche pubblicate dal Ministero di economia e finanze sull’IRPEF del 2024, relative all’anno d’imposta 2023, dicono che i redditi dichiarati sono aumentati del 5,9% (+57,5 miliardi) a 1.027,7 miliardi di euro, in media, ciascuno dei 42,5 milioni di contribuenti ha denunciato al Fisco un reddito lordo di 24.830 euro e ha versato un’imposta netta di 5.660 euro.
Coloro che hanno dichiarato fino a 35.000 euro valgono il 78% del totale, ma hanno versato il 36% dell’imposta netta.
Ad avere dichiarato più di 35.000 euro sono stati il 22% dei contribuenti, versando il 64% del gettito complessivo.
I contribuenti più ricchi, con redditi sopra 300.000 euro, sono stati lo 0,2%, anche se hanno versato il 7,1% dell’imposta totale.
L’84% dei contribuenti è risultato essere lavoratore dipendente (53,9%) e pensionato (30%).
Oltre 9 milioni di contribuenti non ha versato neanche un euro al Fisco, cifra che sale a 11,8 milioni se si considera il bonus Renzi.
Oltre un quarto di chi presenta una dichiarazione dei redditi in Italia non partecipa alle spese dello stato, che restano, per quasi due terzi, a carico del ceto medio, poco più di un quinto dei contribuenti, il 30% ha dichiarato tra 35 e 70.000 euro, versando quasi la metà dell’imposta netta totale (48%).
Nel 2023 la dichiarazione media è stata di 23.290 euro, non molto superiore a quella di un pensionato (21.260 euro), confrontando questi dati con quelli relativi all’anno d’imposta 2013, cioè esattamente 10 anni prima, si scopre che allora un lavoratore dipendente italiano denunciava in media 21.197 euro di reddito contro i 16.534 euro di un pensionato.
In pratica, i redditi dei lavoratori sono cresciuti di appena il 10% contro il 30% per i pensionati, l’inflazione nel decennio ha sfiorato il 19%, ne consegue che i primi hanno accusato una perdita del potere di acquisto di circa il 9%, mentre i titolari di pensioni hanno guadagnato in termini reali quasi l’11,5%.
Nonostante la legge Fornero, le pensioni in Italia continuano a crescere anche al netto dell’inflazione, non è così per chi lavora alle dipendenze altrui, costretto a percepire buste paga sempre più basse.
Per gli imprenditori individuali, il reddito in 10 anni risulta aumentato di circa il 75%, abbondantemente sopra l’inflazione, a una media di 29.250 euro.
I lavoratori autonomi raddoppiando le entrate a 70.360 in media, dai dati restano esclusi gli 1,9 milioni di aderenti alla flat tax.
I dati ufficiali confermano che il “tax gap”, mancato gettito derivante dalle dichiarazioni infedeli o del tutto assenti, si è ridotto negli ultimi anni, pur restando notevole nel confronto internazionale.
I redditi dei lavoratori dipendenti sono rimasti molto indietro, solo dall’anno scorso hanno avuto un cambiamento, con aumenti retributivi superiori all’inflazione, serve che l’inversione di tendenza divenga strutturale per recuperare gli anni perduti, ciò potrà avvenire solo in un contesto di crescita della produttività, a meno di fantasticare che le imprese si riducano i loro margini di profitto per migliorare le condizioni offerte ai dipendenti.
Per il 2025, è previsto un incremento del 2,2% per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo, garantendo un supporto maggiore a chi ha redditi più bassi, questo meccanismo mira a bilanciare l’esigenza di tutela del potere d’acquisto dei pensionati con la sostenibilità della spesa pubblica.
Alfredo Magnifico