I nuovi ‘schiavi’ lavorano a voucher. L’Inps conferma il boom dei Voucher anche per il 2015

Pochi giorni fa l’Inps ha confermato il boom dei Voucher anche per il 2015: 115 milioni di buoni-lavoro staccati da gennaio a dicembre, contro i 69 milioni del 2014 e i 36 milioni del 2013. Un aumento nazionale del 67,5 per cento in dodici mesi con punte del 97,4 per cento in Sicilia, dell’85 in Liguria, dell’83 in Puglia e in Abruzzo, del 79 in Lombardia. La nuova classe sociale coinvolge già più di un milione e mezzo di lavoratori, due terzi dei quali al Nord. Metà uomini e metà donne. E l’età media è in continua diminuzione: 60 anni gli uomini e 56 le donne nel 2008, anno di introduzione dei buoni-lavoro; 44 e 36 anni nel 2011; 37 e 34 anni oggi.Anche l’età conferma la trasformazione da rimedio estemporaneo per arrotondare la pensione o gli ultimi anni di attività, a retribuzione vera e propria. Nel 2015 i datori di lavoro (imprese, commercianti, famiglie) hanno acquistato voucher per un miliardo e centocinquanta milioni di euro, che hanno generato contributi per quasi 150 milioni all’Inps, per 80 milioni all’Inail e compensi ai lavoratori per 862 milioni e 500 mila euro, oltre a 57 milioni in commissioni burocratiche. Lavorare una giornata e riscuotere all’edicola. «Ti sembra di prendere una mancia, non di certo uno stipendio», Una volta c’erano l’operaio, la guardia notturna, l’autista, il postino, il cameriere, l’idraulico, l’insegnante, il professore universitario. La nostra identità dipendeva anche dal ruolo che il lavoro ci assegnava nella società. Oggi tutte queste professioni, e molte altre ancora, possono essere riassunte in un unico mestiere: il voucherista. Nessuna busta paga, solo un tagliando da 10 euro: 7 e 50 cinquanta per me più un euro e 30 di contributi pensionistici all’Inps, 70 centesimi di assicurazione antinfortunistica all’Inail e 50 centesimi di gestione del servizio. Fanno dieci euro. In spiaggia, negli hotel, nei campi. Lavorano anche 12 ore al giorno con paghe da fame. Un tempo si chiamavano stagionali, oggi sono i nuovi «schiavi» dei voucher, lo strumento modificato prima dalla Fornero e poi dal Jobs Act, liberalizzato di fatto e ammesso in ogni settore. Sono nati per arginare il nero. A quanto pare hanno ottenuto l’effetto opposto. Sono giovani, con un’età che arriva nella maggior parte dei casi anche a 40 anni. E sono sia italiani che stranieri, un contingente di lavoratori che, nel comparto del turismo sulla riviera, condividono situazioni analoghe, di precariato estremo.Essersi fermati alla terza media o avere tre lauree come, docente universitario, per il moderno datore di lavoro forgiato dalla crisi e dalla retorica della quarta rivoluzione industriale non fa nessuna differenza.Fanno dieci euro tondi tondi: cioè, il costo orario lordo del lavoro nell’Italia che fa scappare i cervelli e tratta chi resta allo stesso modo, dal disoccupato a vita ai proletari della conoscenza nasce così una nuova classe sociale: il popolo dei voucher, dei buoni-lavoro, degli italiani pagati con uno strumento inventato per gli impieghi saltuari nell’agricoltura e le ripetizioni del doposcuola. Ma oggi esteso a tutti i settori. Senza il diritto ad ammalarsi, a curarsi, a maternità o paternità, a ottenere un mutuo per la casa, al congedo matrimoniale, al permesso per accudire i figli malati. Cioè a tutta quella serie di conquiste civili che finora hanno fatto la differenza tra un cittadino dell’Europa occidentale e un operaio-suddito dei regimi orientali. Perché al di fuori dei pochi centimetri quadrati del voucher e delle relative ore pagate, il rapporto di lavoro e lo stesso lavoratore cessano di esistere.La crisi economica fa sicuramente la sua parte. Spinge gli imprenditori a tagliare i costi e a impiegare i dipendenti a ore o a giornata, soltanto quando servono. E mette anche a disposizione una massa di disoccupati, cassintegrati, esodati , mobilitati, licenziati costretti a svolgere più lavori saltuari per raccogliere qualcosa che assomigli alle briciole di una pagaL’uso di voucher sta dando corpo anche a due categorie di datori di lavoro: quelli che rispettano la norma e trasformano il rapporto accessorio in contratto non appena l’impiego diventa stabile e quanti continuano a suddividere illegalmente l’impiego stabile in più rapporti accessori. Soltanto due limiti economici imposti dalla legge impediscono al momento una diffusione più massiccia dei voucheristi, sono la barriera di settemila euro netti del compenso complessivo annuo in buoni che un lavoratore non può superare e di 2.020 euro all’anno pagati da ogni singolo committente.
Alfredo Magnifico

Commenti Facebook