Come investire sulla propria occupabilità per ricollocarsi sul mercato del lavoro

Il blocco dei licenziamenti stabilito nei vari DPCM dal governo non ha fermato le uscite dei lavoratori dalle imprese, il decreto di agosto ha previsto la possibilità di chiusura del rapporto di lavoro tramite accordo di incentivo all’esodo.

Le aziende, per venire fuori dalla crisi, stanno spingendo sugli incentivi all’esodo volontario, chi ha un’alta occupabilità coglie l’occasione per chiudere il rapporto e rientrare nel mercato del lavoro in poco tempo, negli ultimi mesi le aziende lo stanno proponendo in maniera sempre più vigorosa, con l’esodo incentivato, ci sono professionalità che escono per fa sì che entrino nuove figure professionali.

Le aziende hanno necessità di evoluzione, come in altri momenti storici, il blocco dei licenziamenti impedisce quella naturale evoluzione che si avrebbe in qualsiasi momento storico, anche senza Covid.

L’obiettivo delle aziende è evitare il rischio di arrivare al 31 marzo, quando dovrebbe scadere il blocco dei licenziamenti, con situazioni molto critiche.

Il problema che si potrebbe creare, quando ci sarà lo sblocco dei licenziamenti, è una situazione di crisi molto più marcata, in quanto per molto tempo c’è stato il blocco delle uscite,per cui ai movimenti del mercato il numero di persone colpite dalle uscite potrebbe essere più alto rispetto a quello che si potrebbe avere se oggi, un po’ alla volta, si riuscisse a favorire l’esodo a fronte di un incentivo economico.

Si stanno facendo valutazioni sulla popolazione aziendale che può essere supportata per accedere alla pensione in maniera anticipata, con incentivi che riguardano tutti i settori e tutte le età.

Chi ha una rioccupabilità alta guarda con favore l’incentivo all’esodo, perché incassa il bonus d’uscita, avendo un livello di occupabilità tale che gli permette di rientrare subito nel mercato del lavoro, anche perché se l’azienda  propone questa formula, è chiaro che ha bisogno di riorganizzarsi, se questa azione non viene anticipata, il rischio è che si proceda in futuro in maniera più critica.

La sorpresa è che oggi si sta agli stessi tassi di sostituzioni del periodo pre-crisi, i pronostici davano un 15-20% di decrescita.

Il mercato è intorno all’82% di ricollocazioni, con una media di sei mesi per la ricollocazione, oggi si nota la stessa percentuale, con un mese in più di ricollocazione, soprattutto per quelle figure che hanno avuto la transizione con il mese di aprile in mezzo.

Il vero blocco nel ricollocamento è stato nel mese di aprile, ora il mercato c’è e lo dimostrano anche le società di reclutamento che stanno lavorando in maniera molto buona, di certo un mercato diversificato rispetto al pre-pandemia, oggi ci sono settori trainanti in cui c’è necessità di assunzioni: logistica, digitale, grande distribuzione, farmaceutico, health care e servizi alla persona.

I settori maggiormente in difficoltà, come l’alberghiero, hanno avuto figure che si sono mosse verso settori più sicuri, ma i loro ruoli sono necessari ed è stato necessario pensare a sostituzioni, un pò di movimento in più si osserva nei settori in crisi.

I lavoratori sono pronti a rispondere alle nuove richieste del mercato, quello che si vede è ancora una costante mancata corrispondenza tra esigenze di mercato in termini di competenze e quella che è l’offerta dei candidati a livello di professionalità.

Il problema dopo il 31 marzo sarà la qualità non la quantità, si prevedono centinaia di migliaia di offerte di lavoro in materie scientifiche e analisi dei dati, legate a professionalità su cui non si hanno grandi offerte in termini di candidati, ci si augura che il governo trovi una formula che vada a diminuire questa mancata corrispondenza in termini di competenze e formazione.

Una volta era l’azienda che si occupava della crescita professionale del lavoratore, oggi deve pensarci il lavoratore stesso: ognuno deve capire quali sono le competenze maturate e quali di queste sono necessarie per essere altamente collocabili nel breve periodo.

Occorre essere pronti a una variazione del mondo del lavoro, continuare a fare un lavoro di analisi personale e di valutazione del mercato del lavoro, a portare avanti percorsi di formativi auto finanziati,  in modo da continuare a essere occupabili.

Le tecnologie hanno un ciclo di vita sempre più breve, una competenza in ambito informatico, per fare un esempio, 30 anni fa durava molto più di quanto duri oggi, oggi le competenze hanno una durata sempre più breve e quindi il lavoratore deve essere sempre più propenso a un apprendimento veloce e continuo. Nel prossimo periodo si cambierà più velocemente non solo il lavoro, ma anche le competenze che necessitano per lavorare. Serve, inoltre, una maggiore flessibilità negli spostamenti territoriali, che favorirà ancora di più l’occupabilità.

I servizi di outplacement sono centrali in questo disegno, e offrono supporto in questo momento perché hanno il compito di rendere coscienti i lavoratori rispetto a quelli che sono i propri asset di competenza e alle richieste del mercato su come aumentare la propria rioccupabilità nel mondo professionale. Questo strumento andrebbe potenziato nelle aziende, ha sottolineato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

Alfredo Magnifico

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