Pubblichiamo l’omelia di Mons. GianCarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso –Bojano, per le esequie di Domenico De Maria custode del Convitto Nazionale Mario Pagano di Campobasso deceduto dopo aver tentato di spegnere l’incendio , sabato scorso, nella scuola.
Anche noi oggi, in questa mesta liturgia, con grande dolore nel cuore, ci chiediamo con fiducia le stesse cose che si chiedevano le donne: “le donne si domandavano che senso avesse tutto quello che era accaduto, davanti alla morte di Gèsù!”. (Lc 24,4). Saluto perciò di cuore ciascuno di voi, raccogliendo il dolore dell’intera città, della famiglia in lacrime, della Scuola-Convitto “Mario Pagano”, con i suoi dirigenti, della parrocchia della Cattedrale e di san Giovanni in Galdo.
Il Vangelo che abbiamo scelto ci illumina in questo giorno di “buio”. Un buio che si estese su tutta la nostra città. Piange, oggi, anche il sole. Piange la notte, che si fa ancora più tetra. E’ quel sole che viene oscurato dai nostri peccati; dai dolori e dalle angosce. Per quanto possa testimoniare, è forse il gesto più grave che io abbia registrato, in Molise, in questi anni di mia presenza tra di voi. Un’eclisse di speranza. Eppure, come in quel terribile pomeriggio di venerdì santo, anche oggi per noi sentiamo necessario che “si squarci il velo del tempio”. Perché questo evento di morte ci faccia capire tante altre cose. Ci aiuti a svelare le nostre comuni e personali responsabilità! Ogni morte è sempre un velo che si squarcia sul mistero del cielo. Ma lo è soprattutto questa, per le tante domande che coltiviamo nel cuore, specie nel cuore di tanti giovani, giovani della scuola, ben preparati e ben seguiti, anche dallo stesso nostro Custode della scuola, il signor Domenico, che per loro, per salvarli, ha saputo donare la sua vita.
Il grido dolente Gesù: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito” diventa, oggi, per noi tutti, il grido di Domenico. Nell’accasciarsi a terra, sconfitto dal male, con il cuore spezzato nello sforzo e nel dolore, par di risentire le stesse parole, lo stesso grido di Gesù: “Padre, nelle tue mani consegno la mia vita; la vita di questi ragazzi che ho appena svegliato, davanti all’irruenza imprevedibile del fuoco! La vita della mia famiglia, dei miei figli!” Con sollecitudine, infatti, Domenico è subito corso a svegliare le due camerate di ragazzi e ragazze del Convitto. Premuroso; ligio al suo dovere di guardiano del Convitto. Anzi, dalle testimonianze, sappiamo oggi che non era nemmeno il suo turno. Si è offerto, per sostituire chi era di turno. Una sostituzione che gli è costata la vita. Un dono di tempo che si è fatto dono di un’esistenza! Generoso, dunque, oltre ogni attesa! Modello di chi sa stare in servizio con qualità e donazione. OLTRE. Oltre ogni misura. Quell’oltre, sento che dovrebbe essere l’avverbio di tempo e di cuore per ogni dipendente pubblico e privato. Amare Oltre; donarsi oltre gli orari e oltre le rigide misure comode e accomodanti!
Ma nel Vangelo ora ascoltato con attenzione, in questo clima di forte fede e intensa speranza, abbiamo anche vissuto la forza della RISURREZIONE di Gesù. La pietra che chiudeva il sepolcro era stata rotolata via! Dalla forza dell’Amore, più forte della stessa morte. Cioè, una pietra, un macigno di paura e di sconforto che il Signore ci aiuta a vincere. E’ la grazia che ci concede la fede, che ravviviamo nella liturgia delle esequie. Con le parola degli angeli: “Perchè cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui! E Risorto!” Ed aggiungono: “ricordatevi…!” Ebbene: questo lutto sia vissuto con quel ricordo intenso e emotivo che ci permette di “ricordare” il grande bene che questo papà ha fatto per i suoi figli; per la sua scuola, per la sua gente”. Sarà un ricordo vitale. Che ci permetterà di “elaborare il lutto”. Quel ricordo che ravviva il bene, gli esempi. Perchè siano sentiti oggi sempre più vivi; mai dimenticati; sempre forti nell’esemplarità! La sua generosità e sollecitudine dovrà diventare la nostra esemplarità; la nostra sollecitudine per il bene di tutti, per la crescita della nostra città, ad ogni livello: culturale, religioso, sociale e polticò. La città, credo, dovrà trovare dei segni forti di ricordo di questo sacrificio. Non potrà cadere nel dimenticatolo. Ma restare fresco e vigile. Segno di speranza per ogni giovane. Per un futuro di luce! Soprattutto la preghiera, però supera questa distanza tra cielo e terra. Nella preghiera, infatti, sentiremo che un papà non lascia mai soli i suoi figli. La sua casa. Anche se non è visibile in essa, con gli occhi del corpo, lo sarà con gli occhi del cuore. La fede annulla le distanze. Invocatelo, nei giorni difficili. Ne sentiremo la voce che ci sprona ad amare sempre, oltre le nostre ristrette misure. Oltre le nostre paure.
Con due note finali, di sostegno sprituale e sociale.
La prima è alla città intera. Che ci capiti, positivamente, di vivere quel gesto prezioso della folla: “tutta la folla, venuta per vedere, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto!”. La croce di Gesù ha cambiato il loro cuore! Torniamo anche noi a casa nostra con queste considerazioni, che raggiungono, purtroppo, in primo luogo colui che ha fatto questo tremendo gesto di desolazione.
a) Niente è a caso. Nulla capita per caso. Basta un cerino per incendiare una foresta. Le piccole circostanze hanno sempre una grande rilevanza. Educare è soprattutto educare all’attenzione alle piccole cose. E lo dico, nel giorno della memoria liturgica di un grande Maestro di scuola, san Giovanni Battista della Salle, francese, vicino ai giovani, premuroso come un vero pastore, specie verso i giovani poveri e soli. Dimenticati. Nessuno mai ripeta: “ma si è sempre fatto così”, oppure: “fanno tutti così”. I piccoli sì al bene formano i grandi sì; come, purtroppo, i piccoli no al male sostengono i grandi no. Ma se non educhiamo alle piccole cose, apparentemente futili o abitudinarie, ci troveremo sempre nei pasticci! Per noi e per gli altri.
b) Diamo valori ai nostri ragazzi. Specie nelle ore della notte. Non lasciamoli soli. Stiamo vicini. Capaci di accompagnamento. Troppo facile battersi il petto. E poi dimenticare! O non prendere le adeguate precauzioni, contro il degrado di certe strade, in certe ore della notte. Fonte di quel vuoto di valori che è, in fondo, alla base di questo gesto triste! E’ un impegno che chiede a tutti di saper educare: nelle scuole, nelle parrocchie, nelle istituzioni. Con maggior zelo!
c) Ci sia di stimolo ancora una volta quell’OLTRE che ha caratterizzato il gesto di Domenico. In fondo, questa vicenda è avvolta da due segni opposti. Contrastanti. Sui quali tutti siamo chiamati a riflettere. Da una parte, un cerino acceso, con fatica, apparentemente futile e superficiale. Che provoca disastro, però! Dall’altra, una corsa, come san Pietro nel Vangelo, verso Gesù risorto. Una corsa per svegliare, per scuotere, per rendere tutti noi, famiglie, scuole e chiese, capaci di restiuire speranza a tutti i nostri ragazzi! Corriamo anche noi. Non “stiamo lontani, guardando da lontano questi eventi”, come fecero certe persone, davanti al dramma di Gesù.
Alla famiglia, così duramente colpita, ricordo quella meravigliosa affermazione di san Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?”. E Paolo, come noi questa sera, nella forza della preghiera reciproca, della riflessione fraterna e leale, giungiamo a dire: “Ma in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, grazia a Gesù a Colui che ci ha amati!”. State uniti. Restate compatti. Ravvivate i vincoli di famiglia, anche se fragili! E questo per tutti noi. Restiamo vicini, uniti, forti, solidali!
Con un brano tratto dagli scritti di questo grande educatore, san Giovanni Battista della Salle: “Cari fratelli, dite a coloro che vi sono affidati per educarli ciò che Gesù diceva a proposito delle pecorelle di cui era pastore; pronto al sacrificio totale per salvarle: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!”. Questo è lo zelo ardente che dovete avere per coloro che educate. E’ per essi che voi dovete sacrificarvi, consumando la vita per dare un’educazione cristiana. Animati dallo zelo, mettetevi in queste disposizioni, convinti che è stato Dio a chiamarvi. Fatelo con tutto l’amore di cui siete capaci e con l’intento di lavorare solo per lui”!
Nulla di più efficace di queste parole che rivolgo a tutti i docenti e maestri nelle nostre scuole. Ma anche nulla di più esplicativo di queste parole per descrivere in positivo la linea di speranza che ci lascia questa morte: consumare la vita per gli altri! Come Gesù, a Pasqua. Non mancherà, allora, la primavera in fiore; Anche a Campobasso.
Vi affido alla Misericordia di Dio,
+ p. GianCarlo, vescovo