Varie ed eventuali/ Spunti per una fenomenologia di Facebook-1

Pietro Colagiovanni
Faccio una premessa: ritengo i social, e Facebook in particolare, una delle più grandi innovazioni sociali ed economiche degli ultimi decenni. Sono strumenti assolutamente positivi che hanno impattato, in meglio, la vita di milioni di persone. Sono un sostenitore dei social, così come in generale sono un sostenitore di tutto ciò che è nuovo, moderno e fa avanzare la razza umana. Quello che mi colpisce, però, è che di fronte ad un fenomeno che coinvolge miliardi di persone l’analisi e lo studio del medesimo sta praticamente a zero. Per
un fenomeno analogo, la televisione, si sono scritti milioni di libri, si sono create cattedre e facoltà universitarie, specialisti e studiosi di ogni genere si sono formati e hanno passato la loro vita a studiarla e ad analizzarla.

Per Facebook ma anche X (ex Twitter) Instagram Whatsup, Tik Tok et similia nulla. Solo
polemiche planetarie, interventi di autorità, moniti di studiosi sulla pericolosità e sulle insidie dei social ma nella sostanza nulla. Marshall McLuhan, uno dei più importanti studiosi dei mezzi di comunicazione di massa, diceva che il mezzo è il messaggio. Ebbene qual è poi in sostanza il messaggio che porta un social, la sua profonda identità, il suo essere innovativo, la sua cifra esistenziale non si sa. Nell’attesa che qualcuno cominci a studiare un fenomeno che pervade la vita quotidiana di miliardi di individui io, nel mio piccolo, curioso come sono, ho cominciato a fare qualche riflessione che vorrei condividere con chi ha il piacere di seguirmi.

Partiamo dal social che conosco meglio, anche perché strumento prezioso di lavoro aziendale:
Facebook. Non avendo ancora un’idea sistematica dello strumento vado, in questa come in una prossima rubrica a tentoni, su fenomeni che mi hanno colpito. Quali sono i post più diffusi su Facebook o quelli che sono maggiormente proposti e ripetuti? In primis ci sono quelli che hanno contenuti economici: pubblicità, comunicazioni di aziende, proposte di ritorni economici eccetera eccetera. La narrazione di questo mondo, sia pure con qualche particolarità è in linea con la narrazione tradizionale del marketing, adattata ai tempi moderni. La vendita è sempre la vendita e si basa su presupposti psicologici e relazionali su cui il mezzo non influisce più di tanto. Vengono poi due altri mondi anche loro tutto sommato poco variati rispetto all’epoca
presocial: il mondo della seduzione e del sesso e il mondo dei tifosi di sport. Occupano uno spazio importante, importantissimo su Facebook ma in definitiva anche loro hanno un approccio piuttosto tradizionale. L’offerta di sesso, a pagamento o no, è amplissimo e si basa su concetti standard: visione, allusione e in molti casi perversione. Al netto di paletti indispensabili, specie nei confronti dei minori, per il resto tra adulti consenzienti e vaccinati Facebook non porta grandissime novità rispetto al mondo presocial.
Lo stesso vale per l’esercito dei tifosi di calcio che anziché azzuffarsi una volta alla settimana o sfinirsi di birra o spritz nel bar dello sport possono sfogare la loro fede, di solito calcistica, ogni giorno ad ogni ora. Il tenore medio della conversazione, se tale la si vuole chiamare non cambia. “ladri” “usurpatori” “fate schifo” “vergognatevi” “comprate le partite, comprate le classifiche, comprate i campionati, gli scudetti, le coppe” sino a “a voi ……isti o ….ini vi puzzano i piedi” per chiudere con un classico sempiterno ed ecumenico “io a voi (tifosi dell’altra squadra” vi odio tutti, bastardi!”. Dove invece le cose cominciano a diventare davvero intriganti è quando si esce dalle macro categorie e si entra nel privato dei singoli utenti di Facebook. Qui la faccenda è davvero interessante ma a per questa settimana lo spazio è finito, l’appuntamento quindi è alla prossima

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