Reddito di cittadinanza. Correggerlo sì, cancellarlo no

Non sono uno strenuo difensore del reddito di cittadinanza, poiché, come san Paolo, mi viene da dire: «Chi non vuole lavorare, neppure mangi!» quindi i sussidi andrebbero canalizzati e finalizzati ad una restituzione di servizi sociali da parte di chi percepisce questi aiuti.

Di fronte a chi con prosopopea urla:” bisogna cancellare il reddito di cittadinanza” rispondo di no: perché è un intervento di emergenza per combattere la povertà”.

Bisogna ricordare che; comportamenti opportunistici nel mercato del lavoro o delinquenziali in campo economico ci sono sempre stati; truffe, evasori totali, chi si approfitta per non lavorare o farlo poco e ‘in nero’, non sono novità prodotte dal Reddito di cittadinanza, come  i puritani dell’ultima ora vogliono far credere per cancellare uno dei pochi strumenti, pur imperfetto, di welfare a favore dei più deboli, ma sono la cancreno di una società marcia, marcia dalla testa.

Prima del Reddito di cittadinanza, una certa politica o professionisti compiacenti si inventavano la concessione di pensioni di invalidità a chi invalido non era, i sussidi di disoccupazione agricola a chi nei campi non aveva mai messo piede, sono una malapianta vecchia di decenni e  difficile da estirpare.

Per non parlare di evasione fiscale, malattia cronica tutta italiana: chi stima 100, chi arriva a 150 miliardi di euro l’anno di soldi sottratti al fisco o di economia sommersa, che secondo l’Istat, supera il 12% del Pil e, tolte le attività propriamente criminali, assomma a 190 miliardi di euro, con il lavoro in nero che pesa per il 37%, cifre relative al 2018, prima che venisse approvato il Reddito di cittadinanza.

Tra il 2015 e il 2020 alle imprese sono andati sussidi per più di 50 miliardi, più di un terzo dei 100 della manovra del 2020, cifra consistente, una parte della quale è prevista anche nella manovra più recente.

Oggi nella favola, la parte del lupo cattivo la gioca il Reddito di cittadinanza che viene additato come l’origine di tutte le malversazioni, fino a ribaltare il quadro della realtà e delle responsabilità, veramente il lavoro ‘in nero’ è colpa di chi, per non perdere il Rdc che riceve, non vorrebbe più lavorare in regola? e non di imprenditori e professionisti che il ‘nero’ lo hanno sempre sfruttato, lucrandoci dei bei guadagni.

Additare i percettori del Reddito, come fannulloni da divano o scaltri lavoratori in nero, senza andare a vedere la responsabilità di chi si avvantaggia veramente dei loro presunti ‘maneggi’: clienti e imprenditori che possono pagare meno e poco chi è sussidiato dallo Stato (cioè dai contribuenti onesti).

Non c’è da interrogarsi sul salario di molte occupazioni, se i percettori di Rdc (500 euro mese più eventuale contributo casa) preferiscono questa certezza a retribuzioni indecenti evidentemente inferiori e meno stabili? Nel turismo, nei servizi e in agricoltura, la prassi era ed è, sfruttare gli stagisti come camerieri, pagare con un voucher da 10 euro una o più giornate di lavoro nei campi o utilizzare false cooperative per la movimentazione delle merci in condizioni spesso disumane.

Lavoratori in nero, evasori fiscali grandi e piccoli andrebbero stigmatizzati e scovati non solo se e quando percepiscono indebitamente il Reddito di cittadinanza, ma per la quantità di risorse che da sempre sottraggono alla comunità, per i tanti servizi di cui godono senza contribuirvi.

Le truffe e i furbetti ci sono e ci saranno sempre: vanno migliorati i controlli, soprattutto i preventivi, non per questo si può pensare di far pagare il prezzo ai veri poveri, molti dei quali ancora non coperti, né scatenare l’ennesima furia ideologica, contro chi il coltello deve ingegnarsi per afferrarlo dal lato della lama, mentre altri lo stringono comodamente dalla parte del manico.

Il Reddito di cittadinanza sconta la presuntuosità del M5s di ‘saper fare da soli’, prescindendo dall’esperienza di quanto già realizzato (il Rei) e di chi tutti i giorni, dai Comuni alle associazioni, si confronta direttamente con il problema povertà.

Il governo esca dalla logica degli aiuti a pioggia per una nuova politica industriale che incentivi a creare lavoro di qualità e non precario per giovani e donne, combatta malavita ed evasione ed elusione fiscale, il Covid potrebbe essere la spinta nelle riaperture delle attività per ripulire la società dalla melma.

Alfredo Magnifico

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