Parola al fisioterapista/ EPICONDILITE: cos’è e come trattarla

L’epicondilite è una tendinite conosciuta come “gomito del tennista”, anche se la maggior parte delle persone che soffrono di questa degenerazione tendinea non ha mai giocato a tennis.
Le ultime evidenze scientifiche hanno messo in risalto che in effetti più che una semplice infiammazione tendinea (tendinite), in realtà si tratta di una “tendinosi”, nota come processo che conduce alla progressiva degenerazione delle fibre collagene e possibile evoluzione verso lesioni parziali o complete dei tendini coinvolti.
Il dolore è localizzato sul lato esterno del gomito o lungo i ventri dei muscoli epicondiloidei all’avambraccio e si verifica con attività come afferrare, spingere, tirare e sollevare.
Quando l’infiammazione progredisce si può sentire dolore anche con movimenti blandi e con il riposo.
Generalmente l’esordio è lento, è raro che il dolore insorga improvvisamente senza traumi..
Raramente l’epicondilite è bilaterale.
Anche se definita “gomito del tennista”, tutte le persone possono essere interessate da questa patologia, soprattutto chi partecipa ad attività che richiedono movimenti ripetitivi di braccio, gomito, polso e mano nel tempo libero o al lavoro.
Tra le persone che soffrono maggiormente per questa tendinite troviamo addetti alle pulizie, carpentieri, meccanici e chi lavora in catena di montaggio.
Le persone che lavorano molte ore al computer con il mouse possono avere l’epicondilite, soprattutto se usano un tappetino piatto, si consiglia infatti quello con il supporto in gel per il polso.
Classificazione: vi sono molti modi di classificare l’epicondilite. Una delle più usate è quella relativa agli stadi anatomo-patologici della malattia. In base a questa classificazione si distinguono quattro stadi:
Stadio 1: il danno è di tipo infiammatorio. Non sono presenti alterazioni istologicamente interessanti del tendine. In questo stadio si avverte dolore quando si svolgono attività abbastanza intense; la dolenzia scompare totalmente con il riposo e la terapia antinfiammatoria. Questo stadio è completamente reversibile.
Stadio 2: è presente una degenerazione angiofibroblastica del tendine Il dolore compare anche con attività blandamente intense; non sempre la dolenzia scompare con il riposo; la risposta alla terapia antinfiammatoria non è sempre ottimale.
Stadio 3: si è in presenza di degenerazione patologica e notevole estensione angiofibroblastica. Il dolore è molto intenso, tanto da impedire, molto spesso, lo svolgimento delle normali attività lavorative o sportive.
Stadio 4: sono presenti aree fibrotiche e calcificazioni. La terapia conservativa è spesso priva di qualsiasi efficacia e si richiede un approccio terapeutico importante.
Nella maggioranza dei casi, per la formulazione della diagnosi è sufficiente il solo esame obbiettivo. Dopo la valutazione anamnestica, lo specialista procede con la pressione e palpazione della parte interessata per accertarsi della provenienza del dolore e somministra una batteria di test come : il test di Cozen, il test di Maudsley, il test di Mills, il test di Solverborn.

Sebbene l’esame obbiettivo sia, come detto, sufficiente nel porre la diagnosi di epicondilite, generalmente il medico richiede una radiografia allo scopo di evidenziare l’eventuale presenza di calcificazioni a livello dell’epicondilo e per escludere alterazioni di tipo scheletrico a carico della testa radiale. Talvolta gli esami strumentali ( T.C. e R.M.) vengono richiesti per escludere patologie che possono scatenare una sintomatologia simile a quella dell’epicondilite (sofferenza cervicale, patologie articolari, sindrome del tunnel carpale, tendinite della cuffia dei rotatori ecc.).
Il trattamento riabilitativo e la prognosi dipendono dalla fase clinica in cui ci si trova: acuta, cronica-recidivante, cronica-persistente. Il riposo e la sospensione dell’attività evocante il dolore è la prima indicazione assoluta nel trattamento di questa patologia.
La prima fase del protocollo riabilitativo è incentrata sulla riduzione del dolore, attraverso terapie fisiche (laser, tens e applicazioni giornaliere di ghiaccio) e sulla risoluzione della contrattura muscolare che determina la tendinopatia con massoterapia decontratturante dei muscoli dell’avambraccio, massaggio trasverso profondo dei tendini dei muscoli flessori ed estensori (soprattutto nella porzione distale, vicino all’epicondilo). È importante informare bene il paziente che il dolore, essendo di origine funzionale, non sparisce del tutto ma permane anche durante le fasi successive della riabilitazione fino al completo riequilibrio dell’azione tendinea e muscolare.
La fase successiva del protocollo riabilitativo è caratterizzata dal rinforzo dei muscoli epicondiloidei e epitrocleari come l’estensore radiale breve del carpo, l’anconeo, l’estensore del carpo e il comune delle dita prevalentemente in forma eccentrica sia manuale che con utilizzo di elastici e zavorre; molto importante in questa fase il riequilibrio dei muscoli flesso/estensori del polso e della muscolatura della spalla (soprattutto extrarotatori) per permettere di stabilizzare e controllare meglio il movimento dell’avambraccio.

Dott. Domenico Coladangelo

Fisioterapista

 

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