Ossario Molisano. Viaggio nei cimiteri della nostra regione. Cimitero di Campobasso, tomba di Giovanni Romagnoli

I cimiteri, soprattutto per i più giovani, sono luoghi tenebrosi da allontanare per via del dolore e dell’ineluttabile pensiero della morte. Eppure in questi luoghi della memoria troviamo i nostri ricordi, il nostro passato, le nostre radici, imbattendoci in microstorie di perfetti sconosciuti, che però sono stati importanti per coloro che li hanno amati, e in quelle che hanno segnato la storia nazionale. Il vecchio cimitero di Campobasso è una sorta di museo a cielo aperto, enorme scatolone di cultura e sacralità. Superato l’ingresso mi soffermo sulla tomba di Giovanni Romagnoli, eroe di guerra prima tra le trincee della Grande Guerra, poi nel deserto libico. Nato a Campobasso nel luglio 1897 interruppe gli studi in ragioneria perché chiamato alle armi nel 1916. Dopo il corso alla Scuola del Regio Esercito fu inizialmente assegnato al 94° Reggimento Fanteria, reparto della Brigata Messina che si distinse particolarmente sulla Bainsizza e a Monfalcone. Anche il giovane Romagnoli ebbe modo di distinguersi, guadagnandosi presto i gradi di Sottotenente; dopo la battaglia di Caporetto e la riorganizzazione delle forze italiane, venne trasferito al 202° Reggimento Fanteria della Brigata Sesia, reparto con cui si guadagnò una Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: “Intuita la critica situazione, per l’infiltrazione del nemico nelle nostre linee, si offriva al comando del suo Battaglione per uscire in lungo, faticoso, ardito servizio di pattuglia, riportandone preziose informazioni. Subito dopo, benché affaticato, si lanciava all’assalto, alla testa del proprio Plotone, affrontava decisamente una mitragliatrice avversaria che ostacolava la conquista di un importante obiettivo, e, lanciando egli stesso bombe a mano, la metteva fuori combattimento, affermandosi poi sulle nuove posizioni. Mirabile esempio di tenacia e di ardimento. Zenson di Piave, 12-13 novembre 1917”. Un nuovo incarico per Romagnoli arrivò dopo il corso da pilota: il comando di una squadriglia aerea in Libia, a Sirte, dotata di piccoli biplani da ricognizione, osservazione e bombardamento. Proprio in Libia sarà impegnata tra l’altro, l’orgoglio della milizia molisana, la Legione Monte Mauro. Il 1° febbraio 1923 con la costituzione della Milizia, le Squadre di Azione molisane furono inquadrate in un’unica Legione che comprendeva 5 Coorti. Il 12 aprile 1923, su proposta dell’on. Giacomo Acerbo luogotenente, generale comandante la XI zona, fu creata la 134a Legione con una parte degli effettivi della Legione Matese e precisamente con le Coorti di Larino, Guglionesi e di Campobasso. La nuova unità prese il nome di Monte Mauro. A capo di essa fu posto Cesare Federico Bevilacqua. Da un articolo su “Le Aquile” dell’11 novembre 1925 si può leggere che: “Sotto la guida del supremo Comandante la nuova Legione ben presto emulò le altre. Nel settembre del 1923 il reparto mitraglieri, al completo, ed in pieno assetto di guerra, partiva, pieno di entusiasmo, aggregato alla valorosa 132a Legione Monte Velino per la Libia”. Correva l’anno 1929, sempre in Libia, quando durante un’operazione di ricognizione insieme ad altri due militari della Regia Aeronautica, il Sergente Maggiore Mario Vannini e il 1° Aviere Motorista Mario Polisini, il Capitano Romagnoli decollò per muovere contro un gruppo di ribelli libici. Purtroppo il piccolo aereo non fece mai più ritorno alla base. Durante il sorvolo di Bir Ziden, il velivolo fu attaccato, tanto da costringerlo ad un atterraggio fortuito in pieno deserto. I tre aviatori furono circondati e poi trucidati. Prima però riuscirono a resistere a lungo infliggendo delle perdite al nemico. A seguito dell’eccidio i vertici della Regia Aeronautica alla memoria di Romagnoli conferirono la Medaglia d’Oro al Valor Militare, appuntata personalmente da Benito Mussolini sul petto della vedova del pilota, alla presenza del Maresciallo Italo Balbo, durante la cerimonia del 7° Anniversario della costituzione della Regia Aeronautica. La motivazione recita: “capitano pilota, comandante di una squadriglia di nuova formazione dislocata nella Sirtica, ne ottenne in breve tempo una magnifica preparazione materiale e morale, trascinandola poi con l’esempio e l’entusiasmo alle più ardite imprese durante un ciclo intenso di attività di guerra. Il giorno 12 aprile 1929, la fucileria avversaria colpiva il suo apparecchio e lo costringeva a discendere lontano da ogni sperabile soccorso (Bir Ziden). Rapidamente circondato da preponderanti forze, rispondeva alle intimazioni di resa, incitando i compagni di equipaggio all’estrema difesa ed egli, per primo, ne dava l’esempio, riuscendo in impari lotta ad infliggere al nemico sensibili perdite sino a che esaurite le munizioni veniva sopraffatto e catturato. Tempra romana di soldato e di comandante, sopportava con fierezza, al grido di “Viva l’Italia”, gli oltraggi della barbara ferocia dei ribelli sino al sacrificio della giovane vita. Bir Ziden, deserto libico, 12 maggio 1929”.

Roberto Colella

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