Lembo: una buona scuola non può trascendere dall’insegnamento della parità di genere

Dopo tante battaglie portate avanti nel corso di tantissimi anni dalle Consigliere di Parità contro ogni forma di discriminazione e violenza nei confronti delle donne, finalmente grazie al sostegno anche delle rappresentanti  parlamentari possiamo dire che si sono fatti molti passi in avanti  a partire dalla ratifica della Convenzione di Istanbul fino a  prevedere  l’insegnamento della parità di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado  nella legge di riforma della scuola cd. “ legge sulla Buona scuola” che si è arricchita di un principio che è un investimento fondamentale sul futuro delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, ispirato a quanto previsto in materia già dalle nostre leggi, dalla nostra Costituzione, dal più avanzato diritto europeo. – questo quanto afferma in una sua nota la Consigliera di Parità della Regione Molise Giuditta Lembo – educare alla differenza, alle differenze: saper conoscere e valorizzare la ricchezza che ciascuna e ciascuno di noi è, il dono unico e insostituibile che ognuna e ognuno di noi può diventare per se stesso e per il mondo, anche destrutturando le architetture sociali che impongono la codificazione artefatta dei ruoli in nome di una presunta naturalità. E questo può e deve avvenire in famiglia e nella scuola. L’emendamento inserito  nella legge , prevede che l’elaborazione dell’offerta formativa assicuri  “ l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità di genere, la prevenzione alla violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle relative tematiche ”. Si tratta- continua la Lembo- della definizione di una chiara scelta politica finalizzata a  promuovere un’educazione al rispetto delle diversità, ai sentimenti, agli affetti contro gli stereotipi, i pregiudizi, le discriminazioni, il bullismo omofobico.   Alla base del provvedimento vi sono obiettivi trasparenti e assolutamente condivisibili da tutti. È questo l’unico modo serio, concreto, di fare prevenzione anzicchè continuare soltanto ad indignarci davanti ai femminicidi, ai dati sulla violenza di genere, ai fatti di cronaca che vedono i nostri ragazzi e le nostre ragazze vittime e protagonisti di bullismo, omofobia, misoginia. È ormai da tutti riconosciuto che il problema della violenza di genere ha una radice culturale profondissima, che viene da lontano: la politica e le Istituzioni tutte hanno  il dovere di recidere queste radici. Lo devono fare con coraggio, con umiltà, con la coerenza di promuovere, veramente, l’articolo 3 della nostra Costituzione, visto che la discriminazione, la violenza di genere, gli stereotipi, di fatto, limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della persona umana. Il raggiungimento della parità, il superamento delle discriminazioni sessuali, nonché delle varie forme di violenza di cui le donne e le ragazze sono vittime, sono in primo luogo da costruirsi attraverso un cambiamento culturale.” Non vedo- precisa la Consigliera-  quale altro luogo possa essere migliore della scuola per intraprendere, insieme a chi in questa comunità vive e agisce – studenti, famiglie, insegnanti – un intervento educativo in grado di restituire, alla nostra rappresentazione dei generi, la profondità e la complessità che meritano. Per questo è necessario che ogni ciclo scolastico e ciascuna disciplina siano consapevolmente orientati all’apprendimento di una cultura di relazioni tra persone libere, consapevoli dei ruoli di ciascuno nel rispetto delle differenze, anche di genere, condizione questa certamente pregiudiziale sia a una cultura della non violenza, sia al superamento della prevaricazione, intesa come modalità di affermazione di singoli e di gruppi sociali”. Ecco dunque perché – sottolinea Giuditta Lembo- una buona scuola non può trascendere dall’insegnamento della parità di genere. Il nostro sistema formativo ha come sua primaria vocazione: costruire una piena cittadinanza per tutti e ciascuno, condividere la scrittura di un futuro che deve appartenere a tutte e tutti, cui tutte e tutti hanno il diritto di partecipare. Ad essere in gioco, dunque, è il ruolo stesso delle Istituzioni, intese nella loro più nobile accezione, la loro capacità di saper stare dentro il Paese reale e riuscire a realizzare un cambiamento di cui non bisogna assolutamente avere paura: un Paese che ha ratificato per primo quella straordinaria piattaforma di trasformazione sociale che è la Convenzione di Istanbul, contro la violenza di genere e le discriminazioni, non può limitarsi a prevenire la violenza di genere e a promuovere la parità, il rispetto, la reciprocità, solo attraverso sperimentazioni o buone pratiche, ma deve elevarle a standard dell’intero sistema scolastico. Tutto ciò lo chiede da tempo anche l’Europa perché con il termine “educazione di genere” recepiamo le indicazioni che  provengono dall’Unione Europea che considera la Gender Equality, vale a dire una partecipazione equa e non discriminatoria di ognuno/a alla vita familiare e sociale, il presupposto fondamentale per la cittadinanza democratica. Conseguentemente, educare in ottica di genere secondo l’Unione  europea vuol dire utilizzare una categoria d’interpretazione che consente di comprendere come l’organizzazione sociale delle relazioni tra i sessi abbia stabilito le attività più adatte a uomini e donne in base alla loro “natura” dando vita a ruoli  e spesso a gerarchie sessuali all’interno della famiglia e della società. Gli studi di genere infatti permettono quindi di scoprire l’origine sociale, culturale e non biologica/naturale dei ruoli sessuali caratteristici del sistema patriarcale, che assegna agli uomini l’ambito pubblico e alle donne la sfera del privato con tutte le attività connesse. L’auspicio – conclude la Consigliera Lembo-  (seguendo del resto due recenti determinazioni del Miur del 2011 e del 2013 e i richiami presenti nella legge sulla Buona scuola) è che si realizzi l’inserimento dell’ottica di genere nei programmi scolastici, per promuovere quel cambiamento radicale nella nostra cultura che designerà una nuova idea di cittadinanza, attiva, responsabile, nella quale il valore di ogni individuo può essere riconosciuto e perché no utilizzato per il progresso dell’intera società.

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