Lavoro/ Il mercato del lavoro e il Sud corrono un non piccolo pericolo

Nel bollettino pubblicato dall’Istat si evince che il numero di residenti in Italia tra il 2022 e il 2023  è rimasto stabile, al 1 gennaio 2024 si contavano 58,milioni e 990 mila abitanti, con un -0,1 per mille, il rallentamento della decrescita è essenzialmente, dovuto al saldo migratorio per il consistente aumento della popolazione straniera.

Il saldo tra i decessi e nuove nascite, rimane negativo (-281 mila), diminuiscono i decessi, 661 mila (-8%), che  ritornano ai numeri precedenti il Covid-19, il saldo finale sconta l’ennesimo calo di nascite, 379 mila (-14 mila), t legato alla riduzione del tasso di fecondità -1,24% e di nascite (circa 2 milioni in meno rispetto a 10 anni fa), calo che risulta uniforme su tutto il territorio nazionale. L’aspettativa di vita è aumentata di 6 mesi (83,1 anni), ma si allontana ripristinare la condizione di nuove nascite ai livelli dei primi anni del nuovo millennio: erano 577 mila nel 2008.

Il numero di migranti in entrata (+274 mila) compensa la diminuzione di popolazione, il forte aumento delle persone di origine straniera (+326 mila) e la parziale riduzione dell’emigrazione degli italiani verso altri Paesi, ha comportato un aumento della popolazione di origine straniera (+166 mila) e in termini di incidenza sulla popolazione residente (9%, equivalenti a 5 milioni,308 mila), i numeri tengono conto dei 200 mila ex stranieri diventati cittadini italiani, grazie a questi arrivi si

attenua il tasso di decrescita della popolazione registrato nel corso degli ultimi 10 anni (-2,8 per mille in media annua), senza sottovalutare gli squilibri generazionali e territoriali che ne derivano.La popolazione italiana sembra stabile ma è il risultato dell’aumento di quella del Nord (+2,7%) e di un’ulteriore, preoccupante riduzione dei residenti del Mezzogiorno (-4,1% equivalenti a -126 mila unità).

Aumenta la popolazione nelle regioni e nei territori economicamente più dinamici, dove arrivano i nuovi flussi migratori di lavoratori stranieri e di giovani meridionali a caccia di opportunità lavorative, questi flussi migratori compensano la diminuzione delle aree più sviluppate, ma concorrono allo spopolamento delle aree meridionali, dove aumenta il tasso di invecchiamento.

Questi dati meritano alcune riflessioni:mettono in seria discussione la congruità degli approcci culturali e delle politiche che sono state adottate per contenere l’impatto negativo delle tendenze demografiche. riducono il numero delle donne fertili vanificando qualsiasi possibilità di una ripresa della natalità.

L’effetto negativo del declino demografico si è già trasferito sulla popolazione in età di lavoro. Nei prossimi 15 anni le uscite di anziani dal mercato del lavoro saranno superiori all’ingresso di giovani nel mondo del lavoro. Le attuali politiche per l’immigrazione scontano la bassa qualità dell’occupazione offerta, tant’è che il 35% della popolazione straniera residente in Italia è in condizioni di povertà assoluta.

Occorre riequilibrare la popolazione attiva tra nord e sud con seri investimenti produttivi, è necessario   migliorare la quantità e la qualità dell’occupazione, una sfida che fa tremare i polsi, ma non si capisca perché il quadro dirigente non riesca a trovare la quadra.

Alfredo Magnifico

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